A seguito dell’uccisione dell’afroamericano George Floyd, soffocato da un poliziotto il 25 maggio a Minneapolis, e delle proteste che si susseguono da allora ininterrotamente negli Usa, i comitati organizzatori dei più importanti Pride statunitensi hanno deciso di porre la loro attenzione – nel mese tradizionalmente legato alle marce dell’orgoglio Lgbti – sul razzismo e sulla violenza della polizia.
A Los Angeles, ad esempio, dove erano stati annullati, come altrove, il Pride e tutti gli eventi connessi in ragione del Covid-19, si è deciso di tenere il 14 giugno una «marcia di protesta di solidarietà in risposta all’ingiustizia razziale», che inizierà alle 10:00 lungo Hollywood Boulevard.
A Washington, invece, la manifestazione online del Capital Pride a Washington si inserirà in una serie di eventi finalizzati a «porre fine all’iniquità, all’ingiustizia e alla violenza contro le persone nere».
Gli organizzatori del Pride di New York hanno dichiarato che la loro principale manifestazione, programmata come trasmissione televisiva per il 28 giugno, non cambierà in modo significativo ma porrà maggiore enfasi sulle questioni della disuguaglianza razziale.
Cathy Renna, portavoce della Task force nazionale Lgbtq, ha ricordato su Facebook: «È più importante che mai che quelli della nostra comunità, che fanno anche parte delle comunità di colore, abbiano alzato la voce. Questo è già un elemento di capitale importanza: ora verrà semplicemente amplificato».
Ha poi comunicato che «venerdì 26 giugno (che avrebbe segnato l’inizio degli eventi di Pride ormai cancellati in tutta la città), il comitato organizzatore ospiterà un raduno virtuale, insieme ai suoi partner Glaad e National Lgbtq Task Force, per protestare contro la brutalità della polizia».