È in libreria, da qualche settimana, Fukyo, il nuovo lavoro poetico di Mariano Lamberti, regista e scrittore che ha più volte affrontato le tematiche Lgbt+ sia nei suoi film, tra cui il celebre Good As You – Tutti i colori dell’amore, sia nei suoi libri, come nell’ultimo romanzo Amore, sesso e altri emoticon, pubblicato da Lantana.
Ma il nome di Mariano Lamberti è legato, da alcuni anni, anche alla poesia e, più specificamente, alla poesia buddista, come nel caso de La supplica di Brahma (prefato da Filippo La Porta) e de Gli eroi dei cento mondi. Fukyo, edito da Nulla Die Edizioni, si riallaccia a questo filone poetico e, a partire da una figura archetipica della tradizione buddista, simbolo di compassione, può definirsi un vero e proprio building-poem che racconta, in versi, un percorso personale e universale di formazione ed emancipazione, percorso che include anche il rapporto dell’io lirico con la propria omosessualità, con la figura paterna, con l’amore e con il sesso.
Per saperne di più su Fukyo, contattiamo telefonicamente Mariano Lamberti.
Questo tuo lavoro poetico si chiama Fukyo. Ci spieghi a cosa allude precisamente questo titolo di matrice buddista?
Fukyo è una figura archetipica della tradizione buddista, in particolare del buddismo giapponese, questo Bodhisatva (nella tradizione occidentale corrisponderebbe a un Santo) aveva una particolarità, si inclinava ad ogni persona che si incontrava riverendo la sua innata Buddità/preziosità/unicità, anche e soprattutto quando le persone lo insultavano e lo colpivano con pietre e bastoni. La sua scelta però non è umile pietà cristiana ma scaltra saggezza orientale perché Fukyo scansava gli insulti, le pietre, i bastoni, tenendosi a debita distanza, perché la prima persona di cui riveriva la Santità/Buddità era proprio lui stesso, riconoscendo quindi la preziosità altrui ma anche la propria.
Un libro in versi costruito come un “poema di formazione” la cui prima sezione, Il Prometeo risvegliato – Il corpo del figlio, è una rivisitazione moderna e autobiografica del mito di Prometeo e del conflitto archetipico padre-figlio. Come ripercorri da figlio omosessuale, la relazione con tuo padre? Si può parlare di una sorta di redde rationem a posteriori, di coming out “poetico”?
È la prima volta che parlo” pubblicamente” di questo rapporto che ha segnato gran parte della mia vita, da una parte c’è il classico incontro-scontro archetipico freudiano con la figura del padre, dall’altra la scoperta dell’omosessualità, il racconto di un tradimento, di una rottura della tradizione, di un’infrazione del continuum genetico: “tu mi volevi come una camera vestita di specchi“; questo tradimento fa sì che il padre Zeus condanni il figlio Prometeo alla Roccia della sua infelicità della sua depressione, del suo lutto.
Mia unica colpa fu l’essermi timbrato diverso da te, aver rubato un percorso baro una strada vagabonda simile ad arabesco non un sentiero dritto, dantesco. E per quel frainteso atto titanico tu mi condannasti alla Roccia della tua infelicità, deserta di emozioni, a scontare le pene infinite del non essere amato, quel patto fedele e masochista di esserti per sempre copia l’equivoco doloroso di sentirsi altro senza essere donna, madre, sposa.
Il figlio nel poema si libera di questa roccia con l’aiuto del gigante Sesso, scoprendo la sua sessualità gioiosa e naturale. Certamente, puoi definirlo una sorta di coming out poetico tardivo.
Nella sezione Dopo il Mito dedichi versi alle tue grandi passioni, cioè il cinema e la poesia. Che ruolo hanno avuto queste arti nella tua formazione? Che ruolo hanno nel tuo presente, ai tempi del Coronavirus?
La poesia è stato il mio primo grande amore, quello che ti segna l’immaginario, per cui batte il cuore dell’ispirazione, ogni ricordo della vita è filtrato attraverso di essa, mia madre, tra l’altro, è una poetessa molto apprezzata. Il cinema è stata una scoperta tardiva quasi un proseguimento del viaggio iniziatico, non a caso a me piace un cinema di poesia, come direbbe l’angelo Pierpaolo, un cinema di invenzione, di linguaggio; come fruitore però mi piace tutto: durante la quarantena mi sono nutrito prosaicamente di serie tv che oggi considero il moderno feuilleton, ricche di colpi di scena, storie lunghe, articolate, di cui non vorresti mai vederne la fine.
In questo libro, ispirato ai principi buddisti, è possibile seguire un percorso individuale e universale che conduce dalla centralità dell’individuo alla scoperta della forza dell’empatia. Secondo te, è una società empatica, questa in cui viviamo? La comunità Lgbt+, che tu hai raccontato in tanti lavori cinematografici, è una comunità sufficientemente empatica o, come sostengono alcuni, è rovinata da un eccesso di narcisismo?
Si diventa esseri umani quando si riesce a sviluppare seriamente virtù quali l’empatia la compassione: Prometeo nel mio libro si libera dal padre incontrando un Maestro che gli insegna virtù quali l’empatia e la compassione, solo allora diventa un essere umano: “Cosa significa il profondo rispetto del bodhisattva Fukyo per la gente? Il vero significato dell’apparizione del Budda Shakyamuni in questo mondo sta nel suo comportamento da essere umano. […] Il saggio si può dire umano, ma gli sconsiderati non sono nient’altro che animali”, così scrive Nihciren Daishonin. La comunità Lgbt+, per quanto mi riguarda, ha e avrà per me un bonus enorme di comprensione e accettazione, visto i millenni di silenzio e persecuzione che ha dovuto sopportare, la comunità Lgbt+ deve avere la possibilità di fare un percorso di riconoscimento e individuazione anche passando attraverso il narcisismo e le nevrosi, glielo dobbiamo concedere. Per quanto mi riguarda guarderò la comunità sempre con occhi più benevoli di quelli che hanno avuto, invece, un percorso per certi versi più facile. Non è facile accettare la propria omosessualità, non è facile dirlo agli altri, non è facile viverla, ma detto ciò voglio farne, almeno nella mia vita, qualcosa di bello e significativo.
Regaleresti ai nostri lettori, un piccolo estratto dei tuoi versi?
Fukyo non insulta lo specchio ma gli regala l’inchino delle stelle la maestosità dell’onda solitaria la bellezza della polvere su di un petalo il silenzio delle parole abbandonate sulla punta del coltello.