Un Pride diverso quello che ha avuto luogo ieri a Palermo. Un Pride ripensato nella forma ma non nell’essenza, che, in ragione delle misure di sicurezza imposte per il contenimento della diffusione del Covid-19, si è strutturato in 12 presidi diffusi lungo il centro storico.
Momento conclusivo della manifestazione il sit-in in piazza Verdi, davanti al Teatro Massimo, che è stato segnato dall’emozionante intervento di Massimo Milani, figura storica del Palermo Pride e fondatrice, il 9 dicembre 1980, con il compagno Gino Campanella, su idea di don Marco Bisceglia, del primo circolo di Arcigay (quello appunto palermirtano). Circolo che sorse 40 giorni dopo il rinvenimento dei cadaveri di Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, conosciuti come gli “ziti” (fidanzati) di Giarre.
E sul palco del Palermo Pride Massimo Milani, oltre a ricordare lo scrittore, poeta e attivista gay Nino Gennaro (fondatore del gruppo Teatro Madre) nel 25° anniversario della morte, ha pubblicamente annunciato che il 31 ottobre, 40° anniversario del delitto di Giarre, si unirà civilmente con Gino, gravemente ammalato negli ultimi mesi. Il successivo ballo tra Massimo e Gino sulle note de La cura di Battiato ha commosso l’intera piazza.
Oggi Massimo con un lungo post – in cui ha formalmente ringraziato Paolo Patanè, ex presidente di Arcigay nazionale e direttore generale del Coordinamento dei Comuni Unesco Sicilia, il quale si è attivato presso il sindaco di Giarre per rendere possibile la celebrazione dell’unione civile – ha scritto:
«Il 31 ottobre prossimo “sposerò” Gino a Giarre. È un desiderio che mi è deflagrato, potente dentro in questi ultimi giorni. Gino è stato tra la vita e la morte per una grave malattia infettiva, sono stati giorni durissimi. “Vederlo” solo per telefono per due mesi, per i noti motivi, in quelle condizioni mi ha devastato. Il suo modo di affrontare la malattia con saggezza, sempre con il sorriso, senza mai una imprecazione ha accresciuto il senso di ammirazione nei suoi confronti: era un tesoro di uomo da curare da proteggere, da amare ancora di più. È stato allora che ho pensato: io questo scrigno di gentilezza lo devo sposare!
La nostra trentennale battaglia per i matrimoni per tutt* è stata sopratutto una lotta contro una discriminazione e una libertà di scelta, ma non era stato mai contemplato nella nostra vita. Siamo stati sempre polemici con l’attuale legge ghetto per persone lglbt+, discutibile e discriminatoria sopratutto verso i figli delle coppie. Allora quale è il senso di questa unione civile? Il desiderio di gridare al mondo, fino a che sarà possibile, l’amore per questo uomo, la voglia di fare una grande festa di rinascita di uscita definitiva da un periodo oscuro. Un matrimonio “inutile” perché non contempla nessuna ragione vile di “roba”, di interessi economici, nessuna ipocrita promessa di fedeltà, ma allo stesso tempo “sublime”. Una specie di “matrimonio postumo” a coronamento di una vita passata insieme che festeggia 42 anni di convivenza.
C’è inoltre un fortissimo senso simbolico e politico che rende tutto questo fondamentale. Il luogo è il giorno scelto : Giarre 31 ottobre. A 40 anni dal vile duplice omicidio dei due giovani amanti Giorgio e Toni, uccisi perché il loro amore alla luce del sole non era tollerabile per quella società retrograda il nostro ritorno a Giarre dopo 40 anni sarà allora non solo un doveroso e caro omaggio a Giorgio e Toni, una occasione per ricordare quello che eravamo, ma soprattutto una possibilità per Giarre, non certo di riparare all’irreparabile ma di pacificazione e di affermazione che quello che è successo 40 anni fa non dovrà e potrà succedere mai più. E allora ci vediamo a Giarre, con chi vorrà condividere con noi questo giorno di festa e di memoria.
Ps Non possiamo non ricordare Nino Gennaro, a 25 anni dalla morte, che accorse con noi a Giarre per due volte in quegli anni. Un grazie sentito a Paolo Patanè».