Necessità di tornare in piazza e fare nuovamente i Pride, ovviamente in sicurezza. È questo l’appello che dal 20 giugno Daniele Viotti, già europarlamentare e co-presidente dell’Intergruppo del Parlamento Ue per i diritti Lgbti, continua a lanciare sui social.
«Due sabati fa il Roma Pride, sabato scorso Torino Pride, oggi Milano Pride. Per tacere di tutti gli altri Pride. Tutti Pride che, giustamente, le organizzazioni hanno disdetto – così Viotti su Fb il 27 giugno – ma nel frattempo sono scesi in piazza: operai, braccianti, commercianti, destre, presidi. I presidi delle scuole. E noi? No, noi no. Come una vecchia trasmissione di Mondaini e Vianello. Gli altri sì ma noi no. Noi Lgbti stiamo in naftalina. Come se non dovessimo difendere i nostri corpi, le nostre vite. Come se non dovessimo rivendicare – insieme a tutte e tutti, soprattutto le donne – i nostri diritti. Questo Paese, in questo tempo, ha bisogno di un Pride 2020».
Alcune manifestazioni similiari sono state in realtà fatte, sia pur in forma stanziale, a partire dal flasmbob di Napoli in piazza del Plebiscito o quello dei 12 presidi dislocati, che ha avuto luogo ieri pomeriggio a Palermo. Ma si tratta comunque di pochi casi a differenza di grandi città europee, come, ad esempio, Parigi, dove sempre ieri ha avuto luogo una marcia dell’orgoglio Lgbti improvvisata con migliaia di persone.
Raggiunto telefonicamente da Gaynews, Viotti ha dichiarato: «Ho scritto questi post sapendo che le nostre associazioni, i nostri comitati, le nostre organizzazioni, sia italiane sia europee sia mondiali, sono state tra le prime e le più sollecite nel dire, molto responsabilmente, che sospendevano e rimandavano i nostri Pride. Ma io credo che il nostro popolo, le nostre militanti e i nostri militanti siano in grado di mettere in piedi manifestazioni intelligenti, fatte bene e in tutta sicurezza e nel rispetto assoluto delle normative vigenti.
Ciò nondimeno, noi abbiamo il dovere di mettere in piazza i nostri corpi, le nostre storie, le nostre vite. Non soltanto perché c’è una legge importante in discussione, come quella di Alessandro Zan. Ma perché ci sono temi che non sono mai stati chiusi come la riforma della 164 per le persone transgender, i casi crescenti di vittime di femminicidio e violenza di genere, le persone Lgbti vittime di violenza domestica. È necessario farci vedere perché noi siamo la storia dei movimenti politici del nostro Paese. E, se non lo facciamo, è una carenza non solo per le nostre vite ma per la vita democratica del nostro Paese».