In merito all’identità di genere, esplicitamente indicata nel ddl Zan come motivo delle violenze e discriminazioni da prevenire e contrastare (insieme con sesso, orientamento sessuale e identità di genere) si è accesa da settimane ed è tornata a rinfocolarsi – soprattutto all’indomani del deposito del testo unificato in Commissione Giustizia – un’accesa polemica in ambito femminista. Alle violente e aggressive, sia pur minoritarie, voci contrarie hanno risposto quelle favorevoli, numericamente maggiori e da un punto di vista argomentativo più solide, in particolare, attraverso una lettera aperta su L’Avvenire prima, su La Repubblica e Gaynews poi.
Ma non sono mancate e non mancano reazioni, e di peso, dal mondo trans, quello cioè direttamente investito da una tale questione, eppure rimasto alquanto ai margini al livello di considerazione dei media.
Oltre al pregevole intervento di Monica Romano sulla 27esimaora del CorSera è necessario, segnalare, fra gli altri il comunicato a firma di due figure storiche della cultura del trangenderismo italiano, Porpora Marcasciano, presidente del Mit – Movimento Identità Trans, e l’attivista Giorgio Cuccio.
Eccone il testo integrale:
Le libertà camminano insieme – la mia libertà cammina insieme con la tua-. Non riusciamo a pensare un’idea di libertà che ne esclude altre. Il pensiero che sottende l’attacco senza precedenti alle identità trans stà distruggendo una geografia politica su cui si sono basati e da cui sono partiti i percorsi di liberazione delle soggettività trans lesbiche gay intrecciate a quelli del femminismo.
Tralasciando le altre diverse questioni su cui le femministe essenzialiste hanno concentrato i loro attacchi, le posizioni escludenti su cui si sono arroccate non solo ledono profondamente l’idea stessa di liberazione ma cancellano e negano radicalmente i significativi vissuti di tutte le persone trans. Disconoscerne l’esperienza, significa azzerare un percorso di lotte, di conquiste e faticosa affermazione, oltre che distruggere passaggi fondamentali della storia contemporanea. Per comprendere meglio l’oggetto del loro contendere, riportiamo un estratto del Declaration on Women’s sex-based Rights documento in cui si riconoscono e da cui attingono.
I diritti delle donne che sono sati ottenuti in base al sesso ora sono indeboliti dall’inclusione di concetti come “identità di genere” e orientamenti sessuali- identità di genere.(…) Il concetto di identità di genere ha messo gli uomini che rivendicano un “identità di genere femminile” in grado di affermare, nella legge, nelle politiche e nella pratica, di essere membri della categorie delle donne che è basata sul sesso.
Prima di rispondere è necessario ribadire che da cinquanta anni a questa parte, dopo una negazione storica, il mondo trans ha creato le proprie condizioni materiali di vita e lo ha fatto nel totale isolamento. Esso ha prodotto un dibattito articolato che restituisce la dignità e la complessità dell’esperienza. Passaggi questi affatto scontati che in passato hanno visto le vite delle persone trans annullate da carcere, confini, violenza ed esclusione, un prezzo altissimo che nessuno e nessuna potrà ripagare e che non siamo assolutamente disposte/i e veder cancellato, tantomeno rinegoziato.
Nell’epoca del populismo diffuso e dei facili essenzialismi che propongono ricette semplici a situazioni complesse, il rischio di azzerare percorsi di affermazione è quantomai alto e che esso provenga dall’interno del nostro mondo è quantomai tragico.
In anni di attivismo abbiamo assistito a una crescita delle soggettività trans che non hanno mai smesso di interrogarsi sul proprio percorso e di riflesso sul mondo in cui viviamo, imprescindibile relazione che intreccia la nostra esperienza a quella di tante altre soggettività. La discussione ci ha permesso di riflettere sui nostri vissuti, anche da punti di vista diversi ed eterogenei, complessità questa che si riflette nei molteplici posizionamenti che compongono oggi la realtà trans. Crediamo infatti che il confronto, che non significa uniformità o appiattimento di vedute, dovrebbe caratterizzare la ricchezza della comunità trans, gay e lesbica. Un dibattito che oggi è venuto totalmente a mancare, creando una frattura che in queste condizioni appare difficile ricomporre.
È importante invece sottolineare che i tanti confronti hanno creato relazioni e complicità con molte femministe a cui riconosciamo una genealogia di pensiero e un’alleanza nelle pratiche.
Il loro pensiero, la loro pratica discorsiva ripropongono pari pari l’antica tragica esclusione messa in atto dal patriarcato nei nostri confronti. Risulta difficile se non impossibile per noi ricercare la differenza di senso tra femminismo essenzialista e cultura patriarcale perché hanno in comune il medesimo significato. Le soggettività trans, che hanno dovuto conquistarsi spazi di vivibilità e creare autonomamente condizioni materiali di vita, hanno e avranno sempre il coraggio e la forza di rispondere con orgoglio a tutte le aggressioni, siamo esse politiche, fisiche o teoriche.