Il 3 luglio la Commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento al decreto Rilancio, che «stanzia 4 milioni di euro – come comunicato dalla deputata Gilda Sportiello del M5s – per costituire un programma, volto a garantire assistenza legale, psicologica, sanitaria, sociale alle vittime di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, nonché ai soggetti che si trovino, a causa di questo, in situazioni di vulnerabilità».
Per saperne di più abbiamo raggiunto la parlamentare pentasellata, che dell’emendamento è prima firmataria.
Onorevole Sportiello, può spiegare la genesi di un tale emendamento e quali le reazioni che ne hanno accompagnato l’approvazione?
Con l’emergenza Covid sono state evidenziate in maniera ancora più drammatica le disuguaglienza, le discriminazioni, le condizioni di vulnerabilità che da troppo tempo affliggono la nostra società e davanti a cui non possiamo più aspettare. Nel decreto Rilancio abbiamo ritenuto che fosse prioritario stanziare delle risorse che iniziassero a concretizzare interventi che si inserissero nel solco che il testo unificato contro l’omotransfobia sta tracciando. Ci tengo a sottolineare che l’emendamento, sebbene porti la mia prima firma, è frutto di un lavoro corale con la senatrice Alessandra Maiorino, il relatore del ddl contro l’omotransfobia Alessandro Zan, un lavoro trasversale e sostenuto dalla maggioranza. L’emendamento in Commissione è stato sottoscritto anche da Forza Italia. Dispiace invece che, come al solito, altre forze politiche abbiano approfittato della discussione dell’emendamento, per negare nuovamente la necessità di intervenire per combattere le discriminazioni e le violenze per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere: parliamo di progresso per l’intera società, parliamo di condanna delle violenze e di supporto alle vittime, misure che dovrebbero vederci tutti uniti.
Un tale fondo è da intendersi come sostitutivo o aggiuntivo alla copertura finanziaria prevista dall’articolo 10 dello specifico testo di legge, di cui è relatore Zan?
Il fondo istitutivo è un primo passo verso l’applicazione della legge calendarizzata in Aula per il 27 luglio. L’emendamento istituisce il fondo stanziando 4 milioni annui, previsti dall’articolo 9 del testo unificato per il 2020. Con il ddl renderemo poi strutturale lo stanziamento, declinando le politiche di prevenzione e contrasto alle discriminazioni. Con l’approvaazione dell’emendamento abbiamo sicuramente segnato un importante passo in avanti di un percorso che terminerà con la totale approvazione del ddl.
Il disegno di legge prevede anche la prevenzione e il contrasto alla misoginia o violenza di genere. Rientreranno dunque in questo programma anche le donne vittime di violenza e discriminazione?
La prevenzione e il contrasto della discriminazione e la violenza verso le donne sono già oggetto di politiche e di azioni specifiche, che non si intrecciano e non vengono toccate dalle misure previste dal ddl per il contrasto all’omotransfobia. Quindi, mentre la prima parte della legge, quella che riguarda l’intervento in maniera penale, condanna gli episodi di violenza misogina e omotransfobica, la parte riguardante gli interventi volti a prevenire violenze e discriminazioni nonché a supportare le vittime di tali reati, che interessano gli articoli 5, 6, 7, 8, riguarda solo le persone Lgbt+.
Da donna come valuta gli attacchi da parte di certe femministe al ddl soprattutto in riferimento all’identità di genere?
Credo che l’avanzamento di questo disegno di legge sia una conquista per chiunque combatta le discriminazioni fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere perché tutte le battaglie sulla conquista di diritti e libertà sono interconnesse e legate l’una all’altra: l’avanzare dell’una è l’avanzare dell’altra. Non credo che sia questo il momento di staccarsi, di tracciare distanze anziché alleanze. La terminologia utilizzata nel ddl è sicuramente quella che più di ogni altra tutela ogni declinazione del genere, il sesso, gli orientamenti sessuali e l’identità di genere e non minaccia o esclude nessun*, anzi valorizza quelle esperienze che, con battaglie e con fatica, rivendicano i propri percorsi, le proprie esperienze, i propri vissuti. Inoltre la formulazione utilizzata nel ddl è anche quella che fa riferimento termini e concetti consolidati nell’uso giuridico, si pensi ad esempio alla sentenza n. 221/2015 della Corte Costituzionale in cui viene riconosciuto il diritto all’identità di genere come diritto fondamentale della persona. Quindi appoggio totalmente quanto riportato invece nella lettere sottoscritta da molte femministe e pubblicata qualche giorno fa su La Repubblica e Gaynews.