Strade rinominate con odonimi dedicati a figure del mondo Lgbti (e non solo, come nel caso di George Floyd) sull’esempio di quanto fatto a Torino in occasione della 2° edizione di Lesbicx. E, poi, riquadri disegnati col gesso colorato (476 complessivamente e tutti occupati) in piazza Libertà per garantire il distanziamento sociale.
Si è svolto così in forma statica e nel pieno rispetto delle norme anti-Covid (è stata anche misurata la temperatura ai varchi di accesso ed era ovviamente d’obbligo di mascherina) il Bari Pride 2020, che si è tenuto (come già successo a Napoli) nel ricordo di Sarah Hijazi, l’attivista egiziana per i diritti umani e delle persone Lgbti, morta suicida a Toronto il 14 giugno. La donna era stata arrestata il 22 settembre 2017 al Cairo, insieme con Abanoub Elias (anche lui successivamente riparato in Canada, dove ha ottenuto lo status di rifugiato politico), per aver sventolato una bandiera arcobaleno al concerto dei Mashrou’ Leila, il cui frontman Hamed Sinno è apertamente gay.
In piazza, dunque, per rivendicare i propri diritti, a partire dall’appello perché entro il 27 luglio si approvi in Commissione Giustizia della Camera il disegno di legge contro l’omotransfobia e la misoginia.
«È una legge necessaria – ha commentato Leoluca Armigero del coordinamento Bari Pride – perché ci siano sempre meno discriminazioni, perché sia giustamente punito chi aggredisce e chi istiga alla violenza contro una persona Lgbt e perché venga istituito un rifugio per chi, per esempio, viene cacciato da casa perché gay o lesbica e che, finalmente, potrà avere un luogo che lo accolga».
Per Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, che ha seguito la manifestazione dal suo ufficio in Palazzo di Città, «il Pride è una tappa fissa ogni anno che con i suoi colori e con i suoi significati ci ricorda che questa città, questo Paese, deve fare ancora un percorso lungo sul tema dei diritti di tante persone e di tante sensibilità che non si riconoscono in nessuna etichetta, che si riconoscono solo in quello che sono».
Centinaia di persone anche a Verona per il Pride stanziale in piazza Bra (ribattezzata piazza Pride), che ha assunto un carattere di marcata protesta contro l’amministrazione Sboarina. Il 9 luglio il Consiglio comunale ha infatti approvato (con 17 voti favorevoli, 4 contrari, 4 astenuti) la mozione Bacciga che impegna Palazzo Barbieri ad allinearsi alla Cei nel contrastare il ddl contro l’omotransfobia e la misoginia.
«A Verona nulla è cambiato». Questo uno degli slogan gridati in piazza Bra per ricordare come 25 anni fa fosse stata approvata la mozione Spiazzi con cui l’amministrazione comunale s’impegnava «a non deliberare provvedimenti che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie “naturali” costituite da un uomo e una donna».
Presente al Verona Pride anche il deputato Alessandro Zan (Pd), relatore del ddl alla Camera, che ha ricordato: «C’è chi odia, chi esclude, chi divide. Noi lottiamo per tutte e per tutti, perché non c’è cittadinanza senza una piena uguaglianza. Ancora una volta, dalle piazze fino alle istituzioni».