Slitta di una settimana o al primo calendario utile l’approdo in Aula alla Camera del ddl contro l’omotransfobia e la misoginia, inizialmente fissato a lunedì 27, per dare alla maggioranza un po’ più di tempo per raggiungere un’intesa con Forza Italia soprattutto sulla questione della libera manifestazione ed espressione dei propri convincimenti. Lo ha deciso l’ufficio di presidenza della Commissione Giustizia di Montecitorio, che ha dato mandato alla presidente Francesca Businarolo di comunicare a Roberto Fico la richiesta di avere ulteriore tempo.
Ma non c’è solo il nodo della libertà d’opinione da sciogliere con quello che è stato ribatezzato l’emendamento salva-idee (cui sta lavorando Alessandro Zan per superare le riserve dell’area cattolica del Pd, di Italia Viva e Forza Italia). Con ma anche le reazioni malmostose di Lega e componenti dei vari raggruppamenti della galassia dei pro life e pro family al testo base del disegno di legge.
Se i secondi (da Donà a Gandolfini) hanno chiesto di essere in più larga parte auditi su una legge, che continuano a presentare litanicamente come liberticida, e l’hanno ottenuto (audizioni concentrate tutte in un solo giorno presso la Commissione Affari Sociali, essendo di relativa competenza l’art. 7 del ddl), i componenti salviniani della Commissione Giustizia hanno invece scritto una lettera a Roberto Fico per lamentarsi del contingentamento degli emendamenti disposto dalla presidente Francesca Businarolo.
«Inaccettabile che dei circa 500 emendamenti – così il capogruppo del Carroccio, Roberto Turri, e i nove deputati di partito – al testo unificato sull’omofobia presentati dal gruppo Lega la Commissione abbia deciso di contingentarli prima portandoli a 45 poi, dopo le nostre proteste, a 90 con l’assurda motivazione di dover rispettare i tempi decisi dalla Conferenza dei capogruppo, quando invece non sussiste nessuna urgenza.
Si tratta, piuttosto di una grave compromissione dei diritti delle opposizioni, soprattutto su un testo così delicato e controverso che merita un esame dettagliato ed approfondito. Per altro un provvedimento che, a differenza di un decreto legge, non scade. Quindi non si comprende quale possa essere l’urgenza stabilita dalla maggioranza. Di fronte a questo atteggiamento di prevaricazione che ha volutamente messo un vero e proprio bavaglio alle forze di opposizioni abbiamo scritto una lettera al presidente Roberto Fico affinché intervenga tempestivamente a garanzia delle nostre legittime richieste».
Ma da Fico non solo è arrivata una densa fumata nera ma è stato ribadita la piena corretezza di quanto disposto da Businarolo. «Ritengo sul piano normativo – così il presidente della Camera – e attesa la calendarizzazione delle proposta di legge sopra richiamate in Assemblea per la data del 27 luglio, ritengo corretto sul piano procedurale, che la Commissione Giustizia abbia inteso definire una organizzazione dei tempi e degli emendamenti che le consenta di adempiere ad un suo preciso e indefettibile obbligo regolamentare”.
Una chiara volontà ostruzionistica a oltranza secondo la deputata pentastellata Gilda Sportiello, che a Gaynews ha così commentato le audizioni suppletive in Commissione Affari Sociali: «Le opposizioni, per tentare di allungare in modo incredibile i tempi, avevano chiesto alla presidente di Commissione e al presidente della Camera di discutere il provvedimento in congiunta con giustizia. Entrambi hanno negato questa possibilità. Quello a cui si è acconsentito è stata la loro richiesta di fare audizioni, che sono state concentrate tutte in un solo giorno.
Abbiamo rinunciato come maggioranza alle opposizioni sia perché non volevamo allungare i tempi e vogliamo tenerci pronti a esprimere il parere sul testo emendato appena pronto, su quanto è di nostra competenza, sia perché e le audizioni c’erano già state in Commissione Giustizia. Inutile per noi farne altre, soprattutto per la scarsa competenza della nostra».
Sempre nella giornata d’ieri la presidente Francesca Businarolo ha ricevuto Rosario Coco e Daniele Sorrentino, attivisti LGBT+ e componenti del Comitato Da’ voce al rispetto, che hanno consegnato le oltre 10.000 firme raccolte in pochi giorni sulla piattaforma All Out per chiedere che il ddl Zan sia approvato, senza mediazioni al ribasso, in Commissione Giustizia.