Sentenza storica in El Salvador, dove un processo per transfemminicidio si è concluso per la prima volta con una sentenza di condanna. Il 28 luglio il 1° Tribunale di giustizia di San Salvador ha infatti irrogato la pena carcercaria di 20 anni ciascuno a tre poliziotti, giudicati colpevoli dell’uccisione della 29enne Camíla Díaz Córdova. Nell’agosto 2017, la giovane donna transgender era fuggita negli Stati Uniti per sfuggire alle ripetute minacce di morte da parte della banda criminale Barrio 18. Ma nel novembre successivo le fu negato lo stato d’asilo e rimpatriata. Camíla fu allora costretta a prostituirsi in strada per sopravvivere.
Il 31 gennaio 2019 tre agenti di polizia, allertati da una denuncia telefonica di disturbo della quiete pubblica, avevano raggiunto la zona del Bloom Hospital e invitato Camíla, che avrebbe avuto un litigio con il vigilante di turno di una clinica, a salire in auto, offrendosi di riaccompagnarla a casa. Secondo quanto dimostrato dai pubblici mininisteri, anche sulla base degli esami autoptici, i poliziotti ammanettarono a faccia in giù Camíla nella loro auto di pattuglia, la picchiarono selvaggiamente e la gettarono sul ciglio di bulevar Constitución, dove fu ritrovata quello stesso giorno da un passante. Trasportata presso l’ospedale Rosales vi sarebbe morta tre giorni dopo.
I poliziotti sono stati condannati per privazione della libertà e omicidio aggravato, ma non per crimine d’odio motivato dall’identità di genere, sulla base della legge del 2015 che ha integrato il comma 11 dell’articolo 121 del Codice penale salvadoregno, che, ai motivi d’odio razziale, etnico, religioso, politico in riferimento quali costituenti la fattispecie dell’omicidio aggravato, sono stati aggiunti quelli legati all’identità e all’espressione di genere o all’orientamento sessuale, e il comma 5 dell’art. 155 sulle aggravanti speciali.
Il riconoscimento del crimine d’odio avrebbe comportato una pena carceraria tra i 50 e i 60 anni. Resta comunque l’importanza della sentenza, se si tiene in conto che dei 109 omicidi di persone Lgbti, commessi tra il dicembre 2014 e il marzo 2017, solo in relazione a 12 sono stati avviati processi e nessuno di essi si è concluso con un verdetto di condanna. Che, in ogni caso, non è stata mai emessa, in generale, in riferimento a un transfemminicidio.