«A me sembrano norme di buon senso e civiltà su cui dovremmo essere tutti d’accordo: che l’odio, la violenza e la discriminazione, non possono essere accettate nella nostra comunità».
Esordisce così Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione internazionale, deputato di Italia Viva e candidato alla presidenza della Regiobe Puglia con una coalizione che comprende Azione e +Europa, in un’intervista comparsa su La Stampa il 3 agosto e relativa al ddl recante misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Ddl approdato proprio quel giorno in Aula della Camera per la discussione generale.
Tanti gli aspetti toccati a partire da quello dell’identità di genere, relativamente alla cui polemica dichiara: «Penso che sia ingiustificato: sostenere che in questo modo si consente agli uomini di occupare gli spazi delle donne vuol dire non conoscere la realtà di chi si sottopone a un cambiamento di genere. Non è un capriccio: vuol dire intraprendere un percorso molto doloroso e difficile da un punto di vista fisico e psicologico. Nessuno lo affronta per un vezzo».
Sull’inserimento della misoginia nel testo Scalfarotto osserva che «da un punto di vista strettamente tecnico ritengo che più l’elefante è grande più è facile colpirlo, quindi più elementi si inseriscono, più diventa complessa e difficile l’approvazione di un provvedimento. Dal punto di vista politico mi fido della valutazione di una persona esperta come Laura Boldrini».
Circa gli ostacoli che la maggioranza dovrà affrontare per l’approvazione, il sottosegretario agli Esteri afferma: «Si vota quasi sempre a scrutinio segreto e sono temi su cui le destre mostrano una chiusura netta. È impossibile sperare di rompere il fronte e ottenere voti. La sfida di chi deve portare avanti la legge è nel tenere compatto lo schieramento dei favorevoli. Bisogna rassicurare i parlamentari vicini al mondo cattolico» come appunto fatto con il cosiddetto “salva idee”, che «è un emendamento che non fa altro che ribadire l’articolo 21 della Costituzione, definendo la libertà di parola: se serve a tranquillizzare una parte dei parlamentari, non ne farei un problema. Bisogna peraltro ricordare che stiamo introducendo fattispecie penali e, da liberale, penso che le norme penali vadano usate sempre con grande cautela».
Giustamente Scalfarotto, non nascondendosi le difficoltà da superare per l’approvazione, osserva in conclusione: «Sarebbe tutto più semplice se i leader come Zingaretti, Conte e Di Maio ci mettessero la faccia facendo capire che il tema è una priorità del governo, come facemmo noi per le unioni civili».