ShanghaiPRIDE, una delle realtà cinesi più importanti nell’organizzazione dei Pride, ha ieri annunciato, in una nota intitolata The End of the Rainbow (La fine dell’arcobaleno), che sta «annullando tutte le attività imminenti» e «prendendo una pausa dalla pianificazione di eventi futuri».
Non è stata data alcuna motivazione. Ma in un post, pubblicato alcune ore prima da Charlene Liu, cofondatrice del gruppo, si parla di necessità di «proteggere la sicurezza di tutte le persone che sono coinvolte».
Se queste parole vogliano far riferimento alla situazione, creata dalla pandemia da Covid-19, o ad altro, è difficile a dirsi. Tanto più che le misure di distanziamento sociale, imposte a causa della crisi sanitaria, sono state in gran parte revocate a Shanghai dopo un forte calo dei casi di contagio a livello nazionale.
Dal 1997, anno in cui i rapporti tra persone dello stesso sesso sono stati decriminalizzati (benché soltanto nel 2001 l’omosessualità sia stata cancellata dalla classificazione nazionale delle malattie mentali), la Cina ha fatto alcuni passi in avanti nel riconoscimento dei diritti delle persone Lgbti. Tra questi va menzionata la “tutela reciproca”, che, approvata nell’ottobre 2017 dall’Assemblea nazionale del Popolo, garantisce a persone dello stesso sesso in coppia, per quanto non legalmente riconosciute come tale, di prendere decisioni importanti su cure mediche e personali, morte e funerali, gestione della proprietà e mantenimento di diritti e interessi relativamente al proprio o alla propria partner. Ciò nonostante nella società sono fortemente radicati e diffusi pregiudizio e stigma verso le persone Lgbti, la maggior parte delle quali è dissuasa dal fare coming out in famiglia e in contesti pubblici.
Nato nel 2009, ShangaiPride ha organizzato consecutivamente negli ultimi 12 anni forum, feste ed eventi volti a sensibilizzare la pubblica opinione al tema dei diritti delle persone Lgbti. Tra queste attività è da ricordare soprattutto il Festival nel mese di giugno. L’annuncio di ShanghaiPRIDE è stato ampiamente discusso su Weibo (piattaforma cinese simile a Twitter), dove è stato visualizzato oltre 17 milioni di volte, suscitando in tanti tristezza e rammarico.