Stamattina è decollato dalla Germania un aereo diretto in Siberia per prelevare il leader politico di Russia del Futuro, Alexei Navalny (spesso presentato semplicemente come blogger), che è il massimo oppositore di Putin. L’ospedale universitario berlinese della Charité di Berlino si era detto pronto ad accoglierlo tra le proprie mura: da ieri il 44enne è in coma dopo aver bevuto una tazza di tè che – si sospetta – contenesse del veleno.
Invece, i medici dell’ospedale di Omsk, dove il capo dell’opposizione russa è ricoverato, si sono opposti al trasferimento di Navalny. Anatoly Kalinichenko, vicedirettore del nosocomio, ha detto che nel sangue di Navalny non c’è veleno e che i sanitari della struttura hanno già un quadro diagnostico completo che non possono ancora divulgare.
Ovviamente, i dubbi sull’avvelenamento, a prescindere da quanto affermato, persistono perché non è certo la prima volta che muiono in circostanze sospette gli oppositori più carismatici. Un caso emblematicamente simile a quello di Navalny è il tentato avvelenamento con il tè di Anna Politkovskaja, giornalista di riconosciuto impegno civile che, dopo aver ripetutamente accusato il governo russo per l’evidente mancanza di rispetto dei diritti umani, soprattutto nella guerra in Cecenia, e dopo essere sopravvissuta allo stesso avvelenamento, fu uccisa il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno di Putin, da sicari sconosciuti, nell’ascensore del suo palazzo moscovita.
Negli ultimi anni Navalny, che ha sempre puntato il dito contro la corruzione del Cremlino, ha espresso posizioni in sostegno dei diritti Lgbt + e ha apertamente criticato le leggi putiniane anti-Lgbt. Nel 2013 si è detto favorevole a dei referendum regionali per introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso e nel 2017, a proposito della legge sulla cosiddetta “propaganda gay, ha dichiarato: “Non esiste la propaganda gay. È stato inventato per trovare una sorta di nemico che distrae la società dai problemi “.