Genio ribelle e anticonformista, esponente massimo del simbolismo francese, «mistico allo stato selvaggio» come lo avrebbe definito Paul Claudel, Arthur Rimbaud incarnò appieno lo spirito del poète maudit. Appellativo, questo, attribuitogli (insieme con Tristan Corbière, Stéphane Mallarmé, Auguste Villiers de L’Isle-Adam, Marceline Desbordes-Valmore) da Paul Verlaine, lui stesso maledetto sublime, cui l’autore di Une saison en enfer fu legato da una breve quanto tormentata relazione. Relazione terminata il 9 luglio 1873 quando, nel corso di uno dei soliti alterchi, Verlaine sparò due colpi di pistola contro Rimbaud, ferendolo lievemente al polso sinistro. I due si sarebbero in realtà rivisti un’ultima volta a Stoccarda a inizi marzo 1875 (Verlaine era uscito dal carcere di Mons, dove si era riavvicinato alla fede, il 16 gennaio precedente). Di quell’incontro lo stesso Rimbaud lasciò una descrizione ironicamente irriverente: «Verlaine è arrivato qui l’altro giorno con un rosario tra le dita. Tre ore dopo aveva rinnegato il suo dio e fatto sanguinare le 98 piaghe di N. S.».
Morti rispettivamente il 10 novembre 1891 e l’8 gennaio 1896, i due poeti hanno ricevuto una sepoltura non del tutto adeguata. Le spoglie di Rimbaud riposano nel cimitero di Charleville-Mézières, la città natale nelle Ardennes da lui sempre odiata, accanto al cognato Paterne Berrichon «suo nemico e usurpatore», che consegnò del poeta ai posteri un’immagine falsatamente angelicale, tacendone, fra l’altro, la relazione con Verlaine e presentandolo come un convertito sul letto di morte. Quelle di Verlaine, invece, nella tomba di famiglia presso il cimitero parigino del Quartier des Battignolles «vicino alla tangenziale sotto orribili fiori di plastica».
A scriverne in questi termini lo storico Jean-Luc Barré e il giornalista Frédéric Martel, autore del best-seller internazionale Sodoma su Vaticano e omosessualità, che nel 2001 scrisse la prefazione alla monumentale biografia di Rimbaud redatta da Jean-Jacques Lefrère. Il volume, che fu all’epoca edito da Fayard proprio a cura di Barré, è stato ripubblicato in agosto per i tipi Laffont ed è da ieri nelle librerie francesi.
Promossa anche dallo scrittore Nicolas Idier, collaboratore del primo ministro Jean Castex, la lettera aperta è una petizione al presidente Emmanuel Macron perché le ceneri di Rimbaud e Verlaine siano traslate al Pantheon «al fianco di altre grandi figure letterarie come Voltaire, Rousseau, Dumas, Hugo e Malraux». Un atto di doverosa giustizia alla statura intellettuale dei due poeti, come rilevato nella lettera diffusa sempre nella giornata di ieri. «Non un ingresso in coppia – precisa Martel –, né in una tomba comune, ma un atto da fare allo stesso tempo».
La petizione, che è sostenuta dalla ministra della Cultura e dell’Educazione Roselyne Bachelot, è stata finora sottoscritta da oltre cento personalità del mondo della politica, della letteratura, delle arti, delle scienze e dello spettacolo. Oltre a nove ex ministri della Cultura e dell’Educazione (tra cui Jack Lang, Jean-Jacques Aillagon, Frédéric Mitterrand e Françoise Nyssen), bisogna menzionare, tra gli altri, l’ex sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, l’accademico Bernard Kouchner (già ministro della Sanità e degli Esteri), il sociologo Edgar Morin, lo scrittore e politico Alain Minc, il filosofo Michel Onfray, la stilista Agnès b, la scrittrice Annie Ernaux, l’attore Olivier Py, la cantante Line Renaud.