Il 17 settembre il Parlamento europeo ha adottato con 513 voti favorevoli, 148 contrari e 33 astensioni il Rapporto concernente «il chiaro rischio di grave violazione dello Stato di diritto in Polonia». Nel dibattito previo, tenutosi il 14 settembre, il relatore Juan Fernando Lopéz Aguilar (presidente della Commissione per le Libertà civili, la Giustizia e gli Affari interni), ha definito la situazione polacca «estremamente preoccupante. In effetti, se ne è parlato come di crollo costituzionale in più di un’occasione» .
Il Rapporto è il risultato di un monitoraggio continuo da parte del Parlamento europeo a seguito dall’attivazione dell’articolo 7 (1) del Trattato sull’Unione europea da parte della Commissione europea, che ha già avviato una procedura d’infrazione nei riguardi della Polonia per violazione dello Stato di diritto sulla base di quanto disposto dall’articolo 2 dello stesso Tue. Violazione, che, come noto, viene posta in correlazione con la legge elettorale, la riforma del sistema giudiziario, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, il funzionamento e la composizione della Suprema Corte, l’autonomia della magistratura.
Ma il Rapporto, nel richiamare esplicitamente questi aspetti già al centro della procedura avviata dalla Commissione, ha incluso anche quanto attiene ai diritti fondamentali come il pluralismo nell’informazione e l’indipendenza dei media, la libertà di riunione e di associazione, la salute sessuale e riproduttiva, l’incitamento all’odio, la pubblica discriminazione, la violenza contro le donne, la violenza domestica e il comportamento intollerante contro minoranze e altri gruppi vulnerabili con particolare rilievo alle persone Lgbti. Sotto quest’ultimo aspetto il Rapporto ha espressamente menzionato i 48 arresti del 7 agosto a Varsavia (definiti la Stonewall polacca), la presa di posizione ufficiale della Conferenza episcopale a sostegno delle terapie di conversione, l’autoproclamazione di comuni e voidovati a zone Lgbti-free.
Alla luce di tali elementi il Parlamento europeo ha chiesto l’avvio della procedura di infrazione sempre da parte della Commissione per violazione dei diritti fondamentali, che minano alla base lo Stato di diritto, secondo quanto codificato sempre dall’articolo 2 del Tue.
Viva soddisfazione per l’ampia attenzione alle questioni Lgbti da parte del Rapporto è stata espressa dagli europarlamentari Terry Reintke e Marc Angel, copresidenti dell’Intergruppo Lgbti del Parlamento europeo, che hanno giustamente ricordato: «Lo Stato di diritto per i paesi dell’Unione non è un menu à la carte. Gli Stati membri non possono scegliere al riguardo: è uno dei principi fondamentali su cui si fonda l’Unione. Non possiamo tollerare i continui attacchi alla comunità Lgbti in Polonia. […]. In qualità di Parlamento europeo, condanniamo fermamente la repressione della comunità Lgbti e chiediamo nuovamente alla Commissione europea di avviare procedure d’infrazione non solo riguardanti lo Stato di diritto, ma anche i diritti fondamentali» .