Venerdì 18 settembre è morto a Roma, all’età di 88 anni, Enzo Golino, intellettuale napoletano, critico letterario e giornalista autorevole delle pagine culturali de La Repubblica – alla cui nascita ha partecipato per volontà di Eugenio Scalfari –, Il Corriere della Sera e L’Espresso. Di lui si ricordano i contributi importantissimi sull’opera di Pier Paolo Pasolini, come il saggio in cui ha riconosciuto la vocazione pedagogica del grande intellettuale “eretico”. Saggio che ha aperto la strada a diversi studi successivi, tra cui Pasolini: il sogno di una cosa. Pedagogia, eros, letteratura dal mito del popolo alla società di massa, pubblicato da Il Mulino nel 1985 ma ristampato più volte nei Tascabili Bompiani.
Critico militante, che non lesinava giudizi negativi, nell’introduzione al suo volume Sottotiro: 48 stroncature, pubblicato da Manni nel 2002, scriveva: «La stroncatura è il classico per eccellenza del dissenso estetico», rivendicando il ruolo di polo dialettico attento e competente con cui l’autore era chiamato a stabilire un rapporto improntato alla discussione costruittiva, lungi dalle lusinghe di qualsiasi supino e quiescente addomesticamento.
Per Gaynews abbiamo raccolto il ricordo di Francesco Gnerre, studioso e autore di L’eroe negato. Omosessualità e letteratura nel Novecento italiano, un classico della critica letteraria Lgbt: «Enzo Golino è stato un giornalista, un saggista e un critico letterario come pochi. Egli la letteratura la amava e non ha mai accettato una critica che si abbassasse a soddisfare la cronaca. I libri di cui scriveva li studiava e la sua era una critica militante, nel senso nobile del termine. E se doveva esprimere un giudizio negativo non si faceva scrupoli. Io l’ho conosciuto nel 2000 quando è stato pubblicato il mio Eroe negato e lui ne ha scritto su L’Espresso esprimendo un giudizio positivo. L’ho cercato per ringraziarlo e per esprimergli la mia riconoscenza. È stato gentilissimo tanto che mi sono fatto coraggio e gli ho proposto di presentare il libro insieme a me e alla sociologa Graziella Pagliano in una libreria romana. Ha accettato con generosità perché, mi ha detto, era molto interessato al rapporto tra letteratura e società e agli aspetti liberatori che si possono individuare nella letteratura.
Dopo di allora abbiamo avuto una proficua frequentazione, soprattutto via mail o telefonica, dove mi chiedeva di chiarirgli certe posizioni sulla liberazione gay che leggeva da qualche parte, dimostrando un interesse e una attenzione ai nostri temi per niente scontate. Quando ha scritto Pasolini: il sogno di una cosa, mi ha chiesto addirittura qualche consiglio e mi ha fatto leggere le bozze, prima della pubblicazione. Su Pasolini ha scritto anche altro. Era un autore che non si stancava di indagare.
Con la sua morte negli scorsi giorni lascia un vuoto, soprattutto in chi, come me, ama la letteratura, e certe sue critiche le conservo ancora perché sono dei piccoli saggi, spesso di critica letteraria omosessuale, quando il libro di cui scriveva affrontava questo tema».