«Di coming out, in famiglia, ne ho fatti due. Il primo a poco più di 18 anni ed è stato il più duro in assoluto, anche perché ero ancora alla ricerca di me stessa e avevo optato per “il meno peggio” , dichiarare di essere un ragazzo gay. A quasi 30 anni il secondo coming out in merito alla mia vera identità di genere. Dopo la morte di mio padre non è stato semplice parlare del desiderio della mia transizione soprattutto a mia madre, che stava attraversando un periodo molto difficile come tutta la famiglia. Avevo paura di aggiungere dolore al dolore. Ma per fortuna non è stato cosi. I pianti e gli abbracci ci sono sempre stati nella mia famiglia. Noi non nascondiamo le emozioni, le esterniamo».
Con queste parole Cristina Leo, assessora alle Politiche sociali, alle Politiche abitative e Pari opportunità del Municipio VII di Roma e attivista transgender, racconta il suo duplice autodichiararsi nell’odierna Giornata del Coming Out.
«Quello più faticoso – continua l’assessora Leo a Gaynews – è stato quello con mia nipote Giada, che all’epoca aveva solo sei anni. Le cose non vanno come le avevo progettate, ma in ogni caso vanno. E cosi, al telefono, le dissi all’epoca: “Giada, quando ci rivedremo, lo zio, sarà un pò diverso rispetto a prima, ma solo esteticamente”. Lei: “Ma tu sei felice?”. Io: “Si, io sono felice”. Lei: “Allora, se tu sei felice, anche io sono felice“. Quante lacrime di gioia dopo quella telefonata! Quanto amore, quanta comprensione nel cuore di una bambina di sei anni! Di coming out ce ne sono stati tanti e tanti ce ne saranno. Le persone che mi hanno voluto bene continuano a volermene, perché forse è un po’ differente il contenitore, ma il contenuto è sempre lo stesso.
Da allora faccio coming out tutti i giorni, in tutte le occasioni pubbliche e private che me lo consentono. Io non ho paura di ciò che sono ed espongo me stessa al rischio dell’incomprensione, della non accettazione e della discriminazione perché ho la forza e il coraggio di farlo. Una forza che cerco di avere anche per chi non ce l’ha. Una forza che io stessa non ho avuto per i primi 18 anni della mia vita, in cui ho cercato di non essere, per paura del giudizio altrui. “Ora sono” e ci sono tutta nel mio essere una donna transgender e transfemminista, che si batte per i diritti di tutte le donne, delle persone Lgbti+ e di tutte le minoranze oppresse dal patriarcato. Sono una guerriera della luce. Sono una donna trans e non c’è niente di più bello, complicato, meraviglioso, tragico, favoloso e drammatico».
Parole quanto mai significative in un Coming Out Day che, giunto alla 32° edizione e diverso dagli altri, si sta celebrando nelle varie parti del mondo, a causa della pandemia da Covdi-19, soprattutto con eventi social. Grande ricaduta mediatica ha avuto quello organizzato dalla cantante Demy Lovato e dal fashion designer Tan France, esperto di moda nella serie Queer Eye di Netflix, che ha visto succedersi tra i vari interventi, nelle scorse ore, quelli dell’attrice Ruby Rose, dell’imprenditrice Angelica Ross, dello stilista Law Roach, dell’attore Nico Tortorella e dello youtuber Tyler Oakley.
La data dell’11 ottobre fu scelta da Robert Eichberg e Jean O’Leary, ideatori della ricorrenza, che vollero così ricordare, nel 1988, il primo anniversario della marcia nazionale statunitense su Washington per i diritti delle persone Lgbti+. In tale giornata si vuole rimarcare l’importanza del coming out ossia la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o identità di genere: atto liberatorio per le persone Lgbti che in quanto tali subiscono discriminazioni; atto emancipativo secondo Karl Heinrich Ulrichs, pioniere del movimento omosessuale, che, ritendo l’invisibilità un ostacolo fondamentale al cambiamento dell’opinione pubblica, invitava le persone omosessuali a uscire allo scoperto.
Di ciò è convinto Dilan Giannoccaro, attivista transgender e componente di Mixd Lgbti+, che ha così raccontato a Gaynews il suo coming out: «Per quante maschere si possano avere con gli altri, se ti guardi allo specchio fai i conti con i tuoi occhi e con chi sei davvero. Prima di fare coming out vivevo la mia identità con me stesso, nella mia interiorità e con chi riusciva a percepirmi. Ho affrontato un periodo di auto-accettazione, facendo i conti con il disagio di un corpo che non mi rappresentava, con le paure, i dubbi, il timore che il percorso di transizione non fosse realmente la strada giusta per me.
Quando ho deciso di dare spazio alla mia emotività senza più reprimere la mia identità, ho dato spazio all’uomo che sono sempre stato ed è emersa la necessità di affermarmi e finalmente vivermi. Fare coming out per me è stato un momento di liberazione e la via per concedermi di vivere autenticamente l’unica vita che abbiamo cercando di renderla un capolavoro».
Gli ha fatto eco nuovamente Cristina Leo, che ha lanciato “un messaggio alle giovani generazioni. Capisco le vostre difficoltà che sono state anche le mie e quelle di tante persone Lgbti+, che, ad esempio, hanno avuto il coraggio di fare coming out solo in tarda età. Non abbiate paura di dirlo ai vostri genitori e ai vostri amici più cari. Non abbiate timore: affermate la vostra identità, siate voi stessi/e. L’amore che riceverete in cambio potrebbe stupirvi, come ha stupito me. Nell’attesa che non ci sia più bisogno di fare coming out e che si comprenda profondamente che siamo tutti/e solo dei piccoli esseri umani in un universo infinito, di cui facciamo parte, ma del quale non siamo il centro. Buon Coming Out Day!”.