I risultati elettorali neozelandesi del 17 ottobre, che hanno segnato la straordinaria vittoria del Partito Laburista e, soprattutto, la riconferma a prima ministra di Jacinda Ardern, premiata per l’efficace strategia messa in campo nel prevenire e contenere la pandemia da Covid-19, renderanno il nuovo Parlamento il più inclusivo di sempre con un numero elevatissimo di donne e rappresentanti di diverse etnie e della comunità Lgbti+.
Con 64 seggi sui 120 complessivi della Camera dei Rappresentanti la prima ministra ha i numeri per governare da sola. Ma è in contatto con James Shaw e Marama Davidson, co-leader dei Verdi (nove i seggi sicuri, cui sarebbero da aggiungere, se confermati, altri due) per costituire una più ampia maggioranza.
Oltre la metà dei seggi laburisti saranno occupati da donne e 16 da Maori. Entrano invece per la prima volta nel Parlamento neozelandese un deputato di origine africana, Ibrahim Omer (rifugiato eritreo), e una deputata di origine srilankese, Vanushi Walters. Ma quello della Nuova Zelanda è soprattutto diventato il Parlamento più rainbow al mondo, spogliando di un tale primato il Regno Unito.
La rappresentanza complessiva Lgbti+ dovrebbe infatti essere del 10% (12 seggi in tutto) a condizione che i Verdi riescano a confermare i loro 11 seggi. I nomi sicuri sono, in ogni caso, dieci: otto del Partito Laburista, di cui cinque, Grant Robertson, Louisa Wall, Meka Whaitiri, Tāmati Coffey, Kiri Allan, sono stati rieletti/e mentre tre, Ayesha Verrall, Shanan Halbert, Glen Bennett, sono new entry; due del Green Party, cioè Jan Logie e Chloe Swarbrick, cui, in caso di conferma, sarebbero da aggiungere Elizabeth Kerekere e Ricardo Menendez, quest’ultimo portavoce del partito.
Non ci sono invece parlamentari dichiaratamente Lgbti+ tra le file dei partiti di centro-destra, Nazionalisti e Act, che rispettivamente hanno conseguito 35 e 10 seggi (numeri, comunque, da confermare).