Una seduta movimentata quella di ieri a Montecitorio per il ddl Zan. Se l’Aula ha infatti approvato senza imprevisti gli articoli 7, 8, 9 e la modifica del titolo del testo unificato di legge che reca, dunque, Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità, a sollevare problemi e maldipancia anche tra le file della maggioranza è stato, invece, l’articolo 6. Quello, cioè, che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia con riferimento specifico alle iniziative nelle scuole, contenuto al comma 3, che originariamente – ma già modificato una prima volta in Commissione Giustizia a luglio – recitava fino a ieri: «In occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile, anche da parte delle amministrazioni pubbliche e nelle scuole».
Per mediare è stato recepito e approvato con scrutinio palese (254 sì, 195 no e 6 astenuti) l’emendamento 6.800 formulato dalla Commissione Giustizia, che cassa dal detto comma le parole «anche da parte delle amministrazioni pubbliche e nelle scuole» ma aggiunge le seguenti: «Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 della legge 13 luglio 2015, n. 107 e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
E qui è scoppiata la bagarre tra i banchi delle opposizioni con interventi di parlamentari che hanno parlato di indottrinamento ideologico e gender nonché di educazione sessuale forzata di bambini nelle scuole fino a Vittorio Sgarbi che ha evocato contortamente la pedofilia.
Ha fatto chiarezza il relatore Alessandro Zan, ribadendo «che le iniziative previste dall’articolo 6 di questa proposta di legge non trattano né dell’educazione sessuale, né dell’educazione all’affettività. A parte le gravi affermazioni fatte dal collega Sgarbi, che esprimono da sole il contenuto di ciò che ha affermato, ma l’articolo 6 promuove solo ed esclusivamente le iniziative finalizzate a promuovere la cultura del rispetto dell’inclusione, nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le motivazioni. Stiamo parlando di condizioni personali, stiamo parlando di persone, di bambini e di ragazzi, e ricordo che i fenomeni di bullismo e di discriminazione avvengono prevalentemente a partire dalle scuole primarie, dove ci sono indici elevatissimi di discriminazioni».
Il deputato dem ha infine concluso il suo lungo intervento, interrotto più volte dalle urla provenienti dai banchi dell’opposizione, dichiarando: «Ecco, perché fare questo polverone, parlando di sessualità e addirittura di pedofilia come ho sentito, additando sempre la questione dell’omosessualità come se fosse una malattia? Io francamente sono anche stanco di sentire, nel 2020, delle espressioni che sono il frutto dei periodi più bui della discriminazione e dell’esclusione. La scuola dev’essere il luogo del rispetto e dell’inclusione, non dell’esclusione e della discriminazione».
Ma il vero scoglio è stato costituito dalla votazione a scrutino segreto, questa volta concessa dal presidente Fabio Rampelli (FdI), del sub-emendamento 6.197 (prima firmataria Carolina Varchi di Fratelli d’Italia), volto ad aggiungere alla fine del comma 3 dell’articolo 6 le parole: «In nessun caso, le cerimonie, gli incontri e ogni altra iniziativa di cui al presente comma possono essere finalizzati a pubblicizzare o promuovere la maternità surrogata di cui alla legge n. 40 del 2004». La maggioranza ha però tenuto e il sub-emendamento è stato respinto con 236 no di contro ai 205 sì e alle tre estensioni.
Oggi i lavori sul ddl Zan riprenderanno intorno alle 10:00 con altre due votazioni a scrutinio segreto di sub-emendamenti al comma 3 dell’articolo 6, che dovrà poi essere approvato integralmente. Con le dichiarazioni di voto e il voto finale in giornata, il cui esito è scontato, il testo di legge sarà dunque approvato in prima lettura. Dopo di che la palla passerà al Senato.