Saranno celebrati il 10 dicembre, alle 15:00, nel cimitero di Bolzano i funerali di Lidia Brisca Menapace, che sarà poi sepolta accanto al marito Nene in Val di Non. Innumerevoli i messaggi di cordoglio, a partire da quelli del presidente Sergio Mattarella, per la morte dell’ex staffetta partigiana, femminista, pacifista e senatrice di Rifondazione Comunista dal 2006 al 2008, che si è spenta ieri notte, all’età di 96 anni, nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Bolzano.
Impegnata nella Fuci ed esponente dell’ala sinistra della Dc, Menapace, che si era laureata in lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore, aveva ottenuto presso lo stesso ateneo l’incarico di lettrice di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari. Incarico che non le fu rinnovato nel 1968 dopo la pubblicazione del documento Per una scelta marxista. Il ’68 fu anche l’anno dell’abbandono della Democrazia Cristiana, formalizzato attraverso la famosa Lettera di dimissione dalla Dc. Nel 1969 fece parte del gruppo fondatore de il manifesto con Rossana Rossanda, Lucio Magri, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Ninetta Zandegiacomi, Eliseo Milani, Michele Rago.
E proprio il Collettivo de il manifesto ha dedicato alla “cattolica dissidente” un commosso editoriale, in cui viene fra l’altro detto: «Fu naturale per lei, dunque, ritrovarsi con gli omologhi eretici di un’altra chiesa. E proprio quelle peculiarità contribuirono a fare de il manifesto (il quotidiano e il partito che si chiamò poi Pdup per il comunismo) un’esperienza profonda e complessa. Si realizzò la congiunzione della critica organica del sistema capitalistico con le parzialità dei movimenti o dei comunisti che non sapevano di esserlo, come diceva Lidia».
Tra le battaglie condotte in tanti decenni di lotta politica anche quella a sostegno delle persone Lgbt+. Franco Grillini, direttore di Gaynews e presidente di Gaynet, pubblicandone ieri una foto su Facebook ha così scritto: «Lidia Menapace al congresso dell’Arcigay del 1987 a Rimini. Fu un appuntamento decisivo per rilanciare l’associazione e la battaglia Lgbt in Italia. Lidia ci raggiunse a Rimini molto volentieri perché condivideva con noi un’idea di libertà personale e della sessualità e dell’amore che non sempre aveva cittadinanza a sinistra, figuriamoci altrove. Fece un intervento molto applaudito e per tutti noi, e per me in particolare, lei rappresentava quasi due decenni di lotta femminista, per i diritti civili e ci aveva fornito una idea critica della società presente maschilista e misogina».
Ha affidato sempre ai social il suo ricordo affettuoso Emma Fattorini, ex senatrice del Pd e ordinaria di Storia contemporanea a La Sapienza di Roma, che con Menapace ha condiviso la formazione cattolica e l’impegno nel Pdup: «La Menapace: una vita sui treni. Quando da giovane ginnasiale mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo: “Studiare filosofia, storia e poi teologia”. Sì, ma concretamente? “Voglio diventare come la Menapace. Saltare da un treno all’altro, incontrare le persone per cambiare il mondo”. Meno glamour delle fascinose Luciana e Rossana, “la” Menapace, vispa, acuta e generosa non le emulava, non conosceva l’invidia femminile. Per quanto rispettata e ricercata, “In quanto cattolica”, risultava in qualche modo accessoria, come sempre “le cattoliche”. Preziose ma sempre e solo “compagne di strada”. Per la cultura comunista, in tutte le sue varianti. La ricordo sobria e allegra nella sua casa di Cles, tutta legno e libri, per niente snob e radical chic. Tanto diversa ma tanto simile al casale di Adriana Zarri. Un’altra generazione e un’altra vita ma certo per quaranta anni ho passato più tempo in treno che in casa.
Ps. Per completare: tra un treno e l’altro Rossana mi ospitava a casa sua con un maternage affettuosissimo, molto simile ad una madre vera e dalla quale, come tale, toccava scappare e Luciana mi cercava per “lavorare” al Pdup, da cui pure occorreva allontanarsi per “crescere”. Insomma tre donne fondamentali. Tre modelli femminili la cui forza è bene ricordare a chi lamenta la perenne prevaricazione maschile, chissà, forse assai meno soffocante e illiberale di quella dei politici maschi di oggi».