Un originale diario della ribellione all’autorità maschile – forse più un manifesto per frammenti e memorie – a partire dalla condizione della madre Panchita, abbandonata dal marito in Perù insieme ai suoi tre figli. Potremmo definire così il nuovo libro di Isabel Allende, Mujeres del alma mía, appena edito da Feltrinelli col titolo Donne dell’anima mia e terminato dall’autrice nel marzo del 2020, durante la prima ondata dell’epidemia da Covid-19.
Allende, che fiera dichiara di non esagerare quando dice di essere femminista fin dai tempi dell’asilo, racconta con ironia e profondità alcuni passaggi significativi della sua storia personale, ricostruendo così il proprio rapporto di relazione con i pregiudizi, i ruoli di genere e le convenzioni sociali con cui ha dovuto fare i conti da subito, in una società patriarcale.
La ribellione al patriarcato della scrittrice cilena è una ribellione ferma e pacifica che passa attraverso l’amore: un amore sano, un amore che libera da condizionamenti, soprusi e tabù, non un amore trappola che rende le donne schiave degli uomini e del maschilismo. Un amore che ha condotto la stessa autrice a schierarsi sempre coi più deboli, con gli emarginati e con le donne che ancora lottano per l’emancipazione.
Perché la piena liberazione delle donne – secondo quanto ci ricorda Isabel Allende – passa sempre attraverso la piena indipendenza economica ed è culturalmente ancora lungi a venire: «Nonostante siano cambiate molte leggi discriminatorie, il patriarcato continua a essere il sistema imperante di oppressione politica economica, culturale e religiosa che conferisce potere e privilegi agli uomini. Oltre alla misoginia – avversione nei confronti della donna – tale sistema prevede diverse forme di esclusione e aggressione: razzismo, omofobia, classismo, xenofobia, intolleranza nei confronti di idee e persone diverse».
In questa rivendicazione di libertà e di inclusione, all’interno della quale Allende parla distesamente di se stessa e della sua storia, dell’amore che sta vivendo in età matura, del suo rapporto con il dolore e con la violenza, con l’ingiustizia e le prevaricazioni, c’è spazio anche per il riconoscimento di un fronte comune tra istanze femministe e quelle della comunità Lgbtqi+: «E a cosa fa riferimento il mio femminismo? Non certo a ciò che abbiamo in mezzo alle gambe, bensì tra le orecchie. È un atteggiamento filosofico di ribellione nei confronti dell’autorità dell’uomo. È un modo di intendere i rapporti umani e di vedere il mondo, un patto per la giustizia, una lotta per l’emancipazione di donne, gay, lesbiche, queer (Lgbtqi+), insomma, di tutti gli oppressi dal sistema e di tutti quelli che desiderano aggiungersi alla lista. Un benvenut* inclusivo a chiunque, come direbbero i giovani di oggi: più siamo, meglio è».
Insomma, il nuovo libro di Isabel Allende in maniera semplice e leggera, servendosi anche dei versi di Violeta Parra, Warsan Shire e altre autrici amate, restituisce al lettore il senso intimo e autentico di un percorso di liberazione per cui, come la stessa scrittrice ricorda, sono sempre più necessari una visione chiara, un cuore appassionato e una volontà eroica.