L’identità di genere è contro le donne. S’intitola così la lettera che Alessandra Asteriti, docente di Diritto internazionale presso la Leuphana University di Lünenburg, ha indirizzato a Concita De Gregorio e che è stata oggi pubblicata oggi da Concita De Gregorio sul suo blog di Repubblica dal titolo Invece Concita. Il luogo delle vostre storie.
Nel pomeriggio Michela Marzano, ordinaria di filosofia morale all’Université Paris Descartes (Shs – Sorbonne), saggista, editorialista de La Stampa e già deputata del Pd nella XVII° legislatura, è intervenuta sulla questione con un lungo post su Facebook, che pubblichiamo integralmente:
Chi l’ha detto che parlare di “identità di genere” significa cancellare la nozione di “sesso”? Oggi, leggendo la lettera che Alessandra Asteriti ha scritto a Concita De Gregorio sono rimasta basita. “Ci sentiamo dire che ci sono donne con il pene e uomini con la vagina”, scrive Alessandra. Subito prima di aggiungere: “E che se usiamo la parola donna per descriverci siamo transoniche. Siamo persone con l’utero, mestruanti, proprietarie di vagina. Intanto le donne trans sono donne. Loro sì. Noi no. E se difendiamo i nostri diritti siamo fasciste e bigotte”.
Come sa bene chi mi conosce, per me la libertà di espressione è sacra. Ma la libertà di parola è tradita quando si usano male le parole e, soprattutto, si mistifica la realtà. Non credo esista nessuna persona trans che vieti a una donna di definirsi donna o che consideri fascista una donna che difende i propri diritti. Ma esattamente come coloro che hanno avuto la fortuna di nascere femmine e di percepirsi bambine, ragazze e poi donne, anche coloro che sono nati prigionieri di un corpo maschile e si sono sempre percepite bambine, ragazze e donne hanno il diritto di definirsi donne e di votare per l’emancipazione femminile. Le differenze sessuali esistono. Ma esiste anche l’identità di genere. E negarlo significa ridurre l’essere donna al fattore biologico. Stiamo ancora là? Vogliamo tornare indietro oppure avanzare tutte insieme (e insieme anche agli uomini) per difendere l’uguaglianza e la parità?
Mi piacerebbe sapere se Alessandra ha mai fatto lo sforzo di ascoltare le persone trans. Capendo quanta sofferenza c’è nella vita di chi, fin dalla più tenera età, sente in maniera profonda e permanente che c’è qualcosa che non va, qualcosa che non torna, qualcosa andato storto. Accade infatti che ci siano ragazzi, poi uomini, che percepiscono fin dall’inizio di essere prigionieri di un corpo sbagliato, perché dentro di sé si sentono ragazze, anzi sono ragazze. Esattamente come accade che ci siano ragazze, poi donne, che sentono fin dall’inizio di essere prigioniere di un corpo sbagliato, perché dentro di sé si sentono ragazzi, anzi sono ragazzi. Detto così, suona strano. Quasi incomprensibile. Forse assurdo. Anche se in tutta questa storia, per le persone trans, di assurdo c’è solo il fatto di ritrovarsi all’interno di un corpo-prigione, che non corrisponde a ciò che sono. E poi, cosa ancora più assurda e inaccettabile, c’è il fatto che queste persone siano insultate e aggredite proprio in ragione di ciò che sono, sebbene non lo abbiano affatto scelto. Esattamente come le persone omosessuali le quali, checché talvolta ancora si dica, non scelgono il proprio orientamento sessuale – che non è né una tendenza, né una decisione, né tantomeno una malattia da curare. Nonostante sia ancora una volta in ragione della propria omosessualità, che tante ragazze e tanti ragazzi vengono insultati e aggrediti, vittime innocenti di un odio che, nel nostro paese, non è purtroppo ancora sanzionato.
Cara Alessandra, parlare di identità di genere non significa aderire a un’ideologia “che sfrutta cinicamente i trans (sic!) per distruggere le conquiste che le donne hanno ottenuto negli ultimi cento anni”. Parlare di identità di genere significa lottare ancora di più e meglio per vincere non sto qualche battaglia, ma la guerra della parità.