Il Tribunale di Forlì ha ieri accertato la responsabilità penale, per il reato di diffamazione aggravata, di 10 ex forzanovisti (oggi in buona parte confluiti, dopo la scissione da Forza Nuova, nel neonato Movimento Nazionale – La Rete dei Patrioti) che, il 5 febbraio 2017, avevano inscenato un corteo funebre a Cesena in occasione dell’unione civile tra Matteo Capacci e Marco Zaccaria.
I condannati, tra cui anche Mirco Ottaviani, all’epoca coordinatore di Forza Nuova Romagna ed espulso mesi fa da Roberto Fiore per “gravi motivi d’indegnità” (ma l’accusa di omosessualità è stata respinta dallo stesso 32enne verucchiese), avevano sfilato di fronte alla coppia e ai loro ospiti portando in spalla una bara con l’iscrizione Matrimoni Gay Funerale d’Italia. Avevano inoltre affisso manifesti funebri annunciando la «fine della civiltà, delle nostre tradizioni, della famiglia naturale, unico cardine della nostra società e dei diritti dei bambini a crescere con una mamma ed un papà». Gesto, questo, già precedentemente compiuto da Mirco Ottaviani a danno di Manuel Papi e Marco Trentini, la prima coppia a essersi unita civilmente a Cesena il 25 settembre 2016.
Il tribunale ha condannato ciascun imputato alla pena pecuniaria di 2.000 euro. Tutti dovranno risarcire di 5.000 complessivi Matteo e Marco, che sono stati assistiti legalmente dall’avvocata Francesca Rupalti e dall’avvocato Manuel Girola, soci di Avvocatura Lgbti – Rete Lenford, oltre a pagare le spese processuali. Alla stessa Rete Lenford e ad Arcigay Rimini, che, costituitesi parte civile, sono state rispettivamente assistite dagli avvocati Stefano Chinotti e Christian Guidi (quest’ultimo componente di Aiga – Associazione Italiana Giovani Avvocati), dovranno versare 1.000 ciascuna.
Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, ha così commentato la sentenza: «Il caso portato davanti al Tribunale di Forlì avrebbe potuto sortire esiti ben più in linea con la gravità delle condotte contestate agli imputati, se la comunità Lgbtiq+ avesse goduto della tutela che il ddl Zan, oggi in attesa di essere calendarizzato per la sua discussione in Senato, intende apprestare. Il pubblico ministero, nel caso specifico, aveva inteso percorrere la via di un’interpretazione estensiva delle attuali norme che tutelano i crimini d’odio in ragione dei motivi razziali, etnici e religiosi, ma il Tribunale non ha potuto seguirlo e ha ripiegato, quindi, su una condanna per un reato di minor impatto sociale quale è, per l’appunto, la diffamazione.
Reato che tutela la reputazione individuale, ma non i diritti e la dignità della comunità Lgbtiq+ in quanto tale. Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford auspica, pertanto, che la legge contro l’omofobia e la transfobia venga approvata quanto prima».