È con grande sincerità e disincanto che Susanna Schimperna, giornalista, autrice e conduttrice di vari programmi per Radio Rai e per La7, nell’introduzione al suo nuovo libro L’ultima pagina, s’interroga relativamente alle ragioni che l’hanno spinta a raccogliere e raccontare le vicende biografiche di 25 scrittrici e scrittori che hanno posto termine alla propria vita. Così, un po’ per curiosità morbosa, un po’ per curiosità riconoscente verso autori di cui ha amato le pagine, l’autrice prova ad attraversare, con intelligenza e sensibilità, un tabù radicato nell’immaginario contemporaneo: quello del suicidio, gesto estremo che forse nasconde il seme di un’estrema libertà: «Tra le domande da porsi c’è quella se dietro al tabù – così scrive la giornalista – non ci sia il terrore di una libertà assoluta, che proprio in quanto assoluta è incontrollabile. L’individuo che sceglie la morte non può essere fermato, ricattato, assolto o condannato».
L’Ultima pagina. Da Vladimir Majakovskij a David Foster Wallace, da Cesare Pavese a Virginia Woolf, storie di scrittori che hanno deciso di togliersi la vita, pubblicato da Iacobelli editore, è certamente uno dei testi più interessanti usciti nel 2020. La galleria di suicidi proposti da Schimperna risponde, sia chiaro, a un percorso di approfondimento del tutto personale, privo di schemi predeterminati. La stessa autrice è consapevole di aver fatto una selezione tanto arbitraria quanto legittima, guidata – ci viene da pensare – da una specie di dáimōn socratico pronto a suggerire e illuminare la strada durante l’arduo e doloroso guado.
Tra le 25 figure incontrate dall’autrice spiccano nomi celebri e altri assai più oscuri: si va dal dimenticato Eros Alesi, poeta tossicomane e rivoluzionario, definito da Marco Lodoli «angelo caduto sul selciato della vita», a Hart Crane, affascinante poeta della sua generazione, amato da Tennessee Williams, Robert Lowell e Harold Bloom; dall’impresentabile Pierre Drieu La Rochelle, scrittore che si dichiarava con convinzione sia fascista sia socialista perché non riusciva a separare le due teorie politiche, al magnetico Antonin Artaud, inventore del Teatro della Crudeltà.
Interessante è anche l’attenzione che Schimperna dedica a un vero e proprio “martire” della “persecuzione” della Chiesa nei riguardi delle persone Lgbti+: Alfredo Ormando, sulla cui storia, poco conosciuta in Italia, il documentarista statunitense Andy Abrahams Wilson ha girato il film documentario Alfredo’s Fire (2014). Come ricostruisce con precisione l’autrice, Alfredo Ormando, giovane scrittore omosessuale siciliano, il 13 gennaio 1998 s’immolò, dandosi fuoco a Piazza San Pietro, in un disperatissimo gesto di “automartirio” per denunciare, in maniera plateale e inequivocabile, una Chiesa che riteneva corresponsabile di discriminazioni ed esclusione.
Tra i suicidi “celebri” Schimperna ricorda, tra gli altri, quello di Marina Ivanovna Cvetaeva, poetessa, narratrice e drammaturga di grandezza indiscussa, «non abbastanza comunista per essere lasciata in pace dal regime sovietico ma non abbastanza anticomunista per venire accettata dalle comunità di russi emigrati», e l’iconica drammaturga lesbica Sarah Kane, che nel profetico 4.48 Psychosis, scritto dopo la separazione dalla compagna, urla il suo desiderio di annullamento.
Nell’appendice al volume, infine, Susanna Schimperna inserisce un interessante repertorio di letture funzionali a ripercorrere in maniera indipendente e personale la biografia dei personaggi incontrati nel volume. Alla ricerca, perché no, di una nuova chiave di lettura per cogliere in modo ancora più significativo le ragioni di un gesto assoluto, quello appunto del suicidio, che diventa chiave d’accesso suggestiva e pregnante all’universo poetico e sentimentale dei “miti” letterari proposti.