È il 2001: la colta e borghese Antonia si ritrova a pranzo sulla terrazza di una casa popolare nel quartiere romano dell’Ostiense. A tavola un folto gruppo di persone: l’amante (uomo) del marito, un malato di aids, omosessuali, una profuga turca, una transessuale, una napoletana verace, un cantante turco. Insomma, un gruppo eterogeneo di persone legate tra di loro da vincoli di affetto, amicizia, solidarietà. Sarà più tardi Antonia a dare un nome a questo gruppo, quando dirà che il marito non aveva solo un amante ma il mondo intero: la sua vera famiglia era un’altra.
A 20 anni dall’uscita de Le Fate ignoranti e dall’irruzione delle altre famiglie nella corrente mainstream italiana non abbiamo ancora un nome per questi “gruppi” di relazioni, amicizie, solidarietà. Famiglie altre, alternative, elettive, reti orizzontali, reti di auto aiuto, network: anche il vocabolario arranca nel cogliere la molteplicità di aspetti e sfaccettature di un fenomeno in divenire, poco studiato e trascurato dalle politiche.
Il bisogno di socialità dell’uomo si è per lungo tempo rivolto soprattutto alla famiglia parentale, dove gli individui sono legati da vincoli di consanguineità. Ma tale tipo familiare si disgrega, si ricompone, si disgrega di nuovo, perdendo così il suo ruolo di cellula fondante della società. In breve, la famiglia parentale non è più, per milioni di noi, il luogo primario o esclusivo della socialità.
Esplorare i motivi alla base di questa disgregazione e perdita di ruolo richiederebbe un intero trattato: emigrazione interna ed esterna, immigrazione, trasferimenti per studio e lavoro, singletudine, invecchiamento della popolazione, e via dicendo. In questo processo è importante evidenziare il ruolo centrale che la comunità Lgbt+ ha svolto, e svolge tutt’ora, in tema di sperimentazione di nuove forme sociali. Ruolo che il citato Le fate ignoranti ben esemplifica.
I membri della comunità Lgbt+ si sono trovati ad affrontare il nodo della separazione dalla famiglia parentale più spesso e più duramente di altri: sia quando sono le stesse famiglie a cacciare e ripudiare i figlie e le figlie lesbiche, gay, trans sia quando sono gli stessi figli o figlie a lasciare la famiglia per poter vivere se stessi.
Ed ecco allora nascere, in primis all’interno della nostra comunità, queste altre famiglie, questi altri mondi (per dirla con le parole di Antonia): nuove formazioni sociali, mobili ma durature nel tempo, che sono contemporaneamente famiglie, reti, gruppi, comunità, amicizie. Formazioni sociali che rivestono un ruolo sociale ed economico rilevante, poiché spesso sopperiscono o suppliscono alle carenze dei sistemi di cura e supporto istituzionali.
Nasce da simili considerazioni il progetto di istituire una borsa di ricerca dedicata allo studio, approfondimento e valorizzazione di queste altre famiglie. L’iniziativa è stata lanciata da Massimiliano Farina in ricordo del marito, Claudio Casale, scomparso il 9 dicembre scorso. Figura di spicco della comunità Lgbt+ italiana, e in specie di quella biker e leather, Claudio era infatti un abile tessitore di queste reti informali. Nelle mura della sua casa si incontravano persone provenienti da esperienze e mondi diversi: uomini e donne che, ruotando intorno a Claudio quale amico hanno creato relazioni, reti di supporto, gruppi, amicizie, conoscenze, esperienze.
La conoscenza e valorizzazione di questi altre famiglie è il primo, indispensabile, passo per l’elaborazione di politiche sociali adeguate volte al loro riconoscimento, promozione e sostegno anche istituzionale. Da qui l’importanza di approfondire questa tematica con le metodologie proprie della ricerca sociale. Chi volesse contribuire al finanziamento della borsa di studio e ricerca può farlo al seguente link: https://splitted.it/borsa-di-claudio-casale.