Per volontà dei discendenti di Arthur Rimbaud le spoglie del poète maudit non saranno traslate al Pantheon di Parigi ma resteranno nella tomba di famiglia a Charleville-Mézières. Parola di Emmanuel Macron. Una vera e propria doccia fredda per lo storico Jean-Luc Barré e il giornalista Frédéric Martel, che in settembre si erano fatti promotori di una petizione al presidente per la traslazione delle ceneri di Rimbaud e Verlaine nel tempio dei grandi di Francia. Firmata da oltre cento personalità, compresi tutti gli ex ministri della Cultura, e sostenuta dall’attuale titolare del dicastero Roselyne Bachelot, la lettera aperta presentava il trasferimento dei resti un atto di doverosa giustizia alla statura intellettuale dei due poeti, vittime dell’«inesorabile omofobia del loro tempo».
In una lettera a Emmanuel Ludot, avvocato dei discendenti di Rimbaud, Macron ha scritto: «Dato il ruolo particolare che il Pantheon gioca nella costruzione di una memoria repubblicana condivisa, non voglio andare contro la volontà espressa dalla famiglia del defunto. Le spoglie di Arthur Rimbaud non verranno spostate». A dirsi sin da subito contraria alla traslazione del poeta, la pronipote Jacqueline Teissier-Rimbaud, che ha criticato l’enfasi posta sulla relazione tra Rimbaud e Verlaine. Posizione, la sua, condivisa anche dal figlio e dal nipote nonché dall’associazione Les amis de Rimbaud.
Nella sua lettera Macron ha fatto unicamente riferimento alla volontà dei familiari, senza menzionare la questione del riconoscimento dell’omofobia. Plauso per la decisione da parte dei discendenti del poeta. Durissimo, invece, Martel, che ha parlato di eredi «anti-gay» di Rimbaud e di un presidente «apparentemente colto».