La sete, ultimo romanzo di Giovanni Lucchese, pubblicato da D Editore, è un thriller ad altissimo contenuto erotico, in salsa dichiaratamente Lgbt+. L’autore, d’altronde, ha già sperimentato in passato e con successo questo genere letterario, vincendo il Premio “Giallo al centro” con il romanzo Questo sangue non è mio. Oltre ai riconoscimenti per le qualità di giallista, Lucchese ha ottenuto riscontri apprezzabili anche quando ha affrontato tematiche Lgbt+: basti pensare all’ironico e dissacrante L’uccello padulo, in cui ha demistificato con arguzia e sarcasmo la retorica sociale e borghese costruita intorno alle cosiddette famiglie tradizionali.
La sete, pur non perdendo la qualità introspettiva, il sarcasmo e l’ironia dei precedenti lavori, presenta una narrazione del tutto originale, che spiazza il lettore proiettandolo in un’atmosfera inquietante e violenta, in cui si muovono personaggi disinibiti che soddisfano in modo spudorato e immediato gli appetiti più perversi e insondabili del proprio immaginario, prototipi estremi di una segreta e inconfessabile sociopatia del terzo millennio. Per saperne di più sull’opera, contattiamo telefonicamente Giovanni Lucchese.
Giovanni, il tuo nuovo romanzo si chiama La sete. A che tipo di sete fai riferimento? Sopratutto, la sete che evochi nel tuo libro, può essere saziata o resta per sempre inappagata?
La sete di cui parlo è una smania profonda, implacabile, molto difficile da saziare. Può essere paragonata a una dipendenza, al bisogno estremo e continuo di colmare un vuoto che non si riempie mai. Come ogni frenesia che nasce da qualcosa di talmente radicato dentro di noi da non risultare più riconoscibile, né tantomeno visibile, non è facile liberarsene. Occorre una riorganizzazione dei valori, delle priorità, va fatto un lavoro impegnativo a livello interiore. Molte persone trascorrono gran parte della loro vita, se non tutta, in un perenne stato di insoddisfazione, purtroppo.
I due protagonisti, personaggi sostanzialmente cinici e disillusi, sono campioni esemplari dei nostri tempi?
Credo che siano due archetipi dell’insoddisfazione di cui parlavamo. Il loro sentimento dominante è la rabbia. Lui ne viene sopraffatto, è uno schiavo delle sue pulsioni, non conosce altra soddisfazione se non quella della carne, del sesso immediato. Lei fa della rabbia un punto di forza. Sa gestirla, del resto l’universo femminile è spesso più attrezzato e in grado di comprendere e affrontare i propri limiti. La rabbia per Lei è una valvola di sfogo, un’arma che tiene puntata contro chiunque le capiti a tiro. Credo che ci si possa sentire attratti da questi due personaggi solo nel momento in cui riconosciamo i nostri stessi lati oscuri, ne prendiamo atto e restiamo consapevoli del fatto che il buio è comunque e sempre una parte di noi. Non bisogna averne paura, ma saperlo affrontare quando sentiamo che sta prendendo il sopravvento.
La compulsività sessuale dei personaggi de La sete nasce dall’attenta e personale osservazione dei costumi attuali? C’è una differenza nella gestione degli impulsi sessuali tra il lui e la lei del tuo romanzo?
È innegabile che il sesso sia una predominante della vita moderna, ma lo è sempre stato, anche in passato. Sono cambiati i mezzi a disposizione, adesso è tutto a portata di mano, fruibile nel momento stesso in cui il desiderio si accende. Lo sforzo è minimo, e quindi anche l’appagamento tende ad esaurirsi in poco tempo. Come dicevamo, uomini e donne, tendenzialmente, affrontano in maniera diversa e proprie pulsioni. Non è questione di superiorità e non voglio assolutamente generalizzare, ma diciamo che spesso una donna sa elaborare le cose a livello più profondo, riesce a trasformare un dolore, una sofferenza, in qualcosa di diverso. L‘uomo è per natura più diretto, immediato, ha bisogno di risolvere le cose il prima possibile senza soffermarsi troppo su cosa c’è dietro. Ripeto, non voglio generalizzare. Ogni persona è un mondo a sé, per fortuna. Le mie sono considerazioni a livello generico.
Hai mai provato l’ebrezza, talora il delirio, insomma “la sete” dei tuoi personaggi? La sete – a tuo parere – si percepisce e si soddisfa con intensità diversa nella comunità Lgbt+?
Mentirei se dicessi di no, così come credo che mentirebbe chiunque negasse di aver provato impulsi irrefrenabili almeno una volta nella sua vita. La sete, la smania, fanno parte di noi, è nel nostro dna il bisogno estremo di sentirsi soddisfatti, in qualche modo potenti.
Se fossimo negli anni ’80, o anche ’90, ti risponderei che sì, la comunità Lgbt+ ha un modo tutto suo di gestire la sessualità. Erano gli anni in cui ero giovane e frequentavo ambienti di ogni tipo, la soddisfazione sessuale avveniva in maniera rapida e spesso immediata, le possibilità non mancavano mai. Bastava avere voglia di qualcosa per trovare la maniera di farsela passare con pochissimo sforzo e impegno. Penso che sia così anche oggi, ma credo che anche il resto del mondo si sia disinibito molto in quel senso. I ventenni di oggi, ma anche i quindicenni, hanno la possibilità di vivere la propria sessualità in maniera molto più esplicita di prima. Non frequento discoteche o locali notturni, ma da quello che sento raccontare in giro sembra che i due mondi, eterosessuale e Lgbt+ si siano allineati molto.
Non chiedermi se questo è un bene, non ho davvero nessun giudizio morale a riguardo. È il modo in cui vanno le cose, ogni evoluzione ha i suoi lati positivi e negativi.