Ci si tuffa ne Il portavoce. La mia storia (Piemme, Mondadori 2021, pp. 272), autobiografia di Rocco Casalino, liberandosi quasi subito da giudizi peraltro motivati dalla sua storia nelle tv berlusconiane, dal Grande Fratello alle Iene, e dalle frasi in cui ha esternato in pubblico un rapporto non sereno con la propria omosessualità.
Non si resiste a un incipit pasoliniano, la poesia Supplica a mia madre. E non si possono non avvertire la forza e il dolore di una madre brutalizzata dal padre per anni e di un figlio terrorizzato per la madre, per se stesso e per la sorella. Un io traumatizzato fin dall’infanzia, quello di Rocco, prima in Puglia, poi come bambino emigrato in Germania con la famiglia retta dal padre-padrone, tra difficoltà linguistiche, di status, bullismo e omofobia.
Eppure emerge un talento nerd, che porta il ragazzo a interessarsi al Commodore 64, alle materie scientifiche e ad apprendere lingua e letteratura tedesca, fino a sentirsi parte della comunità locale. Un nuovo trauma sarà il ritorno in Puglia nella prima adolescenza e ci sarà una nuova reazione positiva. Casalino apprezzerà luoghi meno funzionali, ma più comunicativi e caldi, comunità meno chiuse e sarà formato politicamente da una sua insegnante comunista, diventandolo lui stesso e tesserandosi passionalmente a Rifondazione.
L’autobiografia, dopo una brillante maturità con 60-60, procede con la vita di un laureato in ingegneria elettronica a Bologna che non trova lavori adeguati alla sua formazione. Una vita sentimentale annodata su una bisessualità compulsiva e non sentita che come fuga da un’esistenza gay problematica. Amore difficile, quasi sempre per eterosessuali. Vuoti affettivi che si perdono tra paure e attrazioni infantili fanno capire anche la direzione futura, il suo affetto incondizionato per Casaleggio e poi per Conte, sostituti idealizzati del padre.
Passiamo dal Grande Fratello a Palazzo Chigi e agli incontri internazionali, tra un gay drama e un attacco di panico. Spiazzati. E facciamo anche un po’ di tifo per un gay che ammette di non essere sempre risolto e felice, per un portavoce che sa usare bene “amore e crudeltà”, come direbbe Marco Ferradini in Teorema.
Una narrazione che insegna come la trasparenza sia, anche se irraggiungibile in modo completo, un obiettivo da perseguire, fuori e dentro di sé. Una parola che non ha paura di esprimere l’inconfessabile fra desideri e paure, voglia di integrazione e carriera e fragilità intima e sociale. Portavoce, finalmente, di se stessa. Il resto è cronaca recente e forse il primo a sorriderne sarà Rocco Casalino.