La senatrice pentastellata Alessandra Maiorino, componente della bicameralina che ha lavorato al testo unico contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, approvato in prima lettura alla Camera il 4 novembre, è ieri intervenuta sul post omofobo del consigliere giuliano Fabio Tuiach, definendone le parole offensive non solo per la comunità Lgbt+ ma anche per «chiunque nutra ancora un senso delle istituzioni e abbia a cuore il rispetto della vita umana. Sono parole che preoccupano in quanto scuotono dalle fondamenta il patto sancito tra cittadini e rappresentanti, che dovrebbero svolgere il loro mandato nel rispetto dei diritti costituzionali, con onore e disciplina».
Maiorino ha dichiarato di trovare «estremamente appropriata la richiesta di rimozione di Tuiach avanzata dai consiglieri regionali del M5s e delle altre forze di opposizione del Friuli Venezia-Giulia, e mi unisco alle parole della nostra capogruppo nel consiglio comunale di Trieste, Elena Danielis, la quale afferma la necessità di tracciare una netta linea di demarcazione invalicabile tra le legittime espressioni del proprio pensiero e lo smaccato incitamento all’odio e alla persecuzione. Chi inneggia allo sterminio di gruppi umani non può in alcun caso essere nelle istituzioni, certo non nelle istituzioni della Repubblica italiana, fondata sul ripudio delle ideologie nazi-fasciste».
Ha espresso inoltre vivo plauso per I Sentinelli di Milano, che hanno deciso di sporgere «denuncia penale nei confronti di Tuiach per istigamento all’odio fondato sull’orientamento sessuale. Un’azione quanto mai necessaria, che pure rischia al momento di naufragare in quanto la fattispecie è quella prevista dalla legge contro l’omolesbobitransfobia approvata alla Camera e ora ferma in Senato. Questo ennesimo episodio di sfacciata omofobia, questa volta addirittura istituzionale, testimonia una volta di più dell’urgenza dell’approvazione definitiva di questa legge. Chiunque si ostini a negare che la discriminazione e persino l’odio verso le persone Lgbt+ siano un problema reale nel nostro Paese, a questo punto, non può che essere in malafede. Oggi siamo tutti Lgbt+: lo Stato non può voltarsi dall’altra parte».