Il primo che passa, edito da Mondadori a gennaio 2021, è il romanzo d’esordio di Gianluca Nativo, giovane autore napoletano che aveva già pubblicato alcuni racconti su riviste letterarie prestigiose come Nuovi Argomenti e Inutile. A poche settimane dalla pubblicazione l’opera ha già riscosso significativi apprezzamenti da parte della critica. Miriella Armiero su Il Corriere della Sera, ad esempio, ha parlato di «romanzo di formazione, racconto della periferia napoletana, viaggio alla scoperta della propria identità sessuale».
La storia narrata è quella di Pierpaolo, un ventenne che abita in periferia ma vive le strade del centro cittadino immerso in un costante senso di solitudine, alla scoperta di se stesso, del proprio desiderio e dell’amore. Diviso tra la sensazione di non appartenere né al contesto socioculturale in cui è nato né ai rituali borghesi dei suoi amici universitari, Pierpaolo si rifugia nelle chat di incontri e nei flirt occasionali. Prova così a trovare, in fugaci esperienze dense d’eccitazione e di timori, un senso alle proprie fantasie emotive, ai propri tragitti metropolitani e alle proprie pulsioni sessuali. Per saperne di più sul romanzo, lo raggiungiamo telefonicamente a Milano, città in cui vive e lavora.
Gianluca, Il primo che passa è il tuo esordio narrativo. A chi alludi nel titolo?
Il primo che passa non allude a nessuna persona in particolare ma al modo in cui il protagonista decide di affrontare, finalmente, il mondo. Correndo rischi e lasciandosi andare, per quanto gli è possibile, alla fiducia del proprio desiderio.
Pierpaolo, il protagonista, è un ventenne che scopre la propria omosessualità e ne fa esperienza. Come descriveresti in maniera sintetica il percorso di iniziazione di Pierpaolo? Come si viene iniziati alla propria omosessualità nel 2021? Sono più le scoperte positive o più le delusioni?
Il percorso di Pierpaolo nasce da un paradosso: nel momento in cui suo padre, uno spregiudicato imprenditore edile, viene condannato a dieci mesi di arresti domiciliari, Pierpaolo si concede il permesso di scoprire se stesso e la propria sessualità. Se da un lato è un percorso di emancipazione obbligata – non poteva non avvenire se non lontano dalla famiglia e dal quartiere -, dall’altro non significa che in città Pierpaolo trovi tutte le risposte, anzi, impiegherà un po’ di tempo e parecchi incontri per capire cosa vuole davvero il suo corpo. Nel 2021 magari non si viene più iniziati, nel momento in cui la consapevolezza della fluidità di genere e della flessibilità delle identità sessuali è molto più diffusa e scontata. Di certo le prime esperienze passano tutte nelle chat. E non solo quelle di incontri. Oramai tutto finisce in un grande algoritmo dove basta la funzione di messaggistica per poter interagire e poi programmare l’incontro vero e proprio. Come avviene del resto anche a Pierpaolo. Nel percorso di Pierpaolo non c’è una fine. Come del resto non credo ci sia un termine in ogni nostra esperienza, se non tuttalpiù nel lavoro che facciamo poi con la memoria. Ricordo, una volta, quando durante un appuntamento un ragazzo mi disse con leggerezza: “tanto faremo i conti per tutta la vita con la nostra omosessualità”. Era un periodo per me molto incerto, simile a quello di Pierpaolo, ma quella dichiarazione me la ricordo ancora oggi per il sollievo che mi procurò. Non credo esista un percorso, non mi piace nemmeno tutta quella letteratura che confronta la sessualità con l’Assoluto, preferisco riferirla a una dimensione più quotidiana. Pierpaolo viene fuori sicuramente consapevole alla fine del romanzo, ed io gli auguro il meglio ma essere omosessuali non significa trovare a tutti i costi un salvatore, una giustificazione per quello che si è.
Pierpaolo scopre e usa chat di incontri. Secondo te esse hanno migliorato o deteriorato l’approccio alla sessualità e alla consapevolezza del proprio desiderio?
Non so quanto le chat abbiano migliorato l’approccio alla sessualità e alla consapevolezza del desiderio. Tutte le mie relazioni, e credo anche quelle dei miei coetanei, sono nate in rete. Battuage, saune, locali rientrano già in un archeologia del desiderio tuttalpiù da riscoprire. Quindi non ho parametri. Le chat sono piattaforme ampiamente democratiche: chiunque può accedervi e cercare quello che preferisce. Di certo a passare le ore scrollando l’home page, scrivendo a persone con cui non si ha voglia di interagire, non stimoliamo esperienza e consapevolezza. Ma se invece l’app permette di incontrare dal vivo e conoscere una persona che difficilmente avresti incontrato nel tuo paesino sperduto tra le campagne allora la mia risposta è sì, l’ha migliorata di molto.
La storia di Pierpaolo si svolge a Napoli. Quali caratteristiche ha la città che ritrai nel tuo romanzo?
Napoli è fondamentale per questo romanzo. La storia è raccontata da un punto di vista molto intimo a tratti meditativo. Avevo quindi bisogno di creare spazi osmotici in cui rappresentare gli stati d’animo di Pierpaolo. Soprattutto volevo crearne due, uno claustrofobico e allo stesso tempo intimo – la periferia, quella distesa di palazzine che somiglia più a uno anonimo stato dell’America Centrale che non una città mediterranea – e uno invece labirintico e allo stesso tempo luminoso. In quest’ultimo caso Napoli è un set perfetto, soprattutto la Napoli città erotica. Credo sia tra le poche città ad esibire una sensualità molto riconoscibile e, del resto, anche molto rappresentata: da Petronio a Boccaccio fino ai racconti di Patroni Griffi.
Pierpaolo, all’interno della narrazione, afferma di aver sempre creduto che l’amore sia una predestinazione. Puoi chiarire meglio quest’idea dell’amore?
L’amore come predestinazione è una falsa credenza che gli hanno trasmesso i genitori. Pierpaolo non ha punti di riferimento se non la solidità del patrimonio familiare messo a crescere da un uomo e una donna, nella loro tradizionale divisione dei compiti. E una cosa molto comune: capita spesso che ai bambini viene fatto notare senza molta malizia la bellezza di una ragazza dando per scontato il binomio: sesso biologico identità sessuale. La predestinazione somiglia, stupidamente, a una forza hegeliana che accoppia i maschi con le femmine per dare vita a nuove famiglie, nuovi patrimoni. Pierpaolo poi si lascia facilmente sedurre da facili soluzioni, scorciatoie che gli permettono di non affrontare le difficoltà. Il romanzo vuole raccontare anche questo: la faticosa bellezza del fare esperienza.