Una delle notizie più battute del giorno – oltre a quelle sulla pandemia, i vaccini e il governo Draghi – riguarda l’allenatore della Fiorentina Cesare Prandelli, che ha avuto il coraggio di mollare tutto, lasciare la panchina dell’’amatissima squadra viola, per ascoltare sé stesso e le sue urgenze interiori.
Le motivazioni di questa decisione sono state spiegate dal ct in una lettera aperta pubblicata anche sul sito della squadra. Prandelli non nasconde il disagio che, pur in maniera sofferta, lo ha spinto a questo passo. Scrive infatti: «In questi mesi è cresciuta dentro di me un’ombra che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose. Sono venuto qui per dare il 100%, ma appena ho avuto la sensazione che questo non fosse più possibile, per il bene di tutti ho deciso questo mio passo indietro». E più avanti, nella stessa lettera, aggiunge: «Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la mia vita, non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi. Per questo credo che adesso sia arrivato il momento di non farmi più trascinare da questa velocità e di fermarmi per ritrovare chi veramente sono».
La sincerità con cui quest’atleta ha restituito ai tifosi, alla squadra e al mondo dello sport, le ragioni intime della sua decisione, smarcandosi virtuosamente da eventuali scuse o menzogne, non può che riportarci a quella stessa sincerità con cui, nel 2012, firmando la prefazione al libro di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano, Il campione innamorato. Giochi proibiti dello sport, aveva preso una posizione netta contro l’omofobia nello sport, scrivendo: «L’omofobia è razzismo, è indispensabile fare un passo ulteriore per tutelare tutti gli aspetti dell’autodeterminazione degli individui, sportivi compresi», riconoscendo anche che «nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente sè stesso, i propri desideri e i propri sentimenti».
In quei giorni l’eco mediatica delle posizioni di Prandelli investì il mondo dello sport, soprattutto del calcio, spesso soffocato da gregarismo e machismo, e rivelò la sensibilità e l’umanità di uno sportivo che non aveva paura di sfidare i pregiudizi più radicati del suo ambiente, consapevole del valore supremo della libertà e della serenità.
Oggi, in nome della stessa libertà e dello stesso principio di verità, Prandelli fa il suo coming out, che non ha a che fare con un diverso orientamento affettivo o sessuale, ma con la propria sensibilità e il proprio modo di vivere, attualmente, una dimensione professionale nei cui ritmi e nelle cui pressioni non si riconosce più. Insomma, se un grande campione può riconoscersi anche dal suo coraggio e dalla sua umanità, Prandelli, oggi come ieri, è un campione di grandezza assoluta perché, in nome della libertà, ancora una volta, sfida l’ombra e prova a ristabilire, sia dentro che fuori dal campo, equilibrio e sincerità.