«Voglio parlare dell’Europa dei diritti, per due motivi. Primo: perché democrazia e diritti – civili e sociali – contraddistinguono l’identità dell’Europa “unita nelle diversità”, come recita il motto dell’Unione. E differenziano l’Europa – storicamente e culturalmente – da altri spazi politici. Qualcosa di cui essere orgogliosi, in questo tempo così difficile. Secondo: perché l’Europa dei diritti, oggi, è minacciata. Ed è fondamentale che l’Italia faccia sentire con forza la propria voce su questo, anche grazie all’opera e all’iniziativa del nuovo governo, all’autorevolezza del suo presidente e dei suoi membri».
Questo il leitmotiv dell’appassionato intervento, che la senatrice Monica Cirinnà (Pd) ha ieri tenuto in aula sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi in vista del Consiglio europeo. Richiamando quello che «sta accadendo in Polonia e in Ungheria, o quel che solo pochi giorni fa è accaduto alle porte dell’Europa, nella Turchia di Erdoğan o nell’Egitto di al-Sisi», la madrina della legge sulle unioni civili ha dichiarato che a questa «nube scura, fosca […] l’Europa cerca di resistere. La Commissione europea – guidata da una democratica cristiana – negli scorsi mesi ha proposto una strategia per la piena eguaglianza delle persone Lgbt + da far valere nei confronti di tutti gli stati membri. Ricordo solo una frase, per me profondamente significativa: se sei genitore in uno Stato dell’Unione, devi esserlo in tutti gli stati. Una boccata d’aria fresca, per quelle famiglie arcobaleno che in Italia ancora attendono riconoscimento giuridico e pienezza di tutela».
Ricordando inoltre come la recente risoluzione di Bruxelles sull’Europa zona di libertà Lgbtq riaffermi «che non c’è spazio per la discriminazione e la violenza omotransfobica», Cirinnà l’ha paragonata a «una boccata d’aria fresca per tutte quelle persone Lgbt+ che, in Italia, ancora attendono l’approvazione della legge contro l’omotransfobia (e anche su questo, presidente Draghi, mi permetto di rivolgere un appello a lei, al Governo e a tutto il Senato: Non possiamo più aspettare!)».
Rivolgendosi infine al presidente del Consiglio, che «tra pochi giorni prenderà parte al Consiglio europeo”, ha osservato: «Adesso è necessario che anche i governi degli Stati membri facciano la loro parte, sostenendo la risoluzione del Parlamento europeo e prendendo sul serio queste minacce alla libertà e all’eguaglianza. Ed è fondamentale che, in questo percorso, l’Italia faccia sentire la propria voce senza esitare, senza avere paura, senza timidezze. Per farlo, però, deve poter essere pienamente credibile, anche all’interno. Le rivolgo allora un appello: sia il portavoce di un’Italia coerentemente europea. Perché vedete, l’Europa non è soltanto l’Europa dei bilanci, e non è nemmeno soltanto la sacrosanta Europa della solidarietà e del Next Generation Eu. L’Europa è anche e soprattutto l’Europa dei diritti. E questo governo, che nasce nel segno dell’europeismo, quell’europeismo dovrebbe prenderlo sul serio, sempre. Anche quando il nome dell’Europa si spende in mezzo al mare, o sulle coste dell’isola di Lampedusa. Anche quando si parla di cittadinanza. Anche quando si parla di diritti e di eguaglianza».