Alla fine di febbraio la casa editrice Effequ, nella collana Saggi Pop, ha pubblicato un’opera davvero originale all’interno del repertorio italiano di studi Lgbtq+ italiano. Un’opera che intende rileggere parte cospicua della nostra tradizione letteraria del XX° secolo in maniera innovativa, agganciandosi, idealmente e ideologicamente, a monumenti prodromici della saggistica queer quali Elementi di critica omosessuale di Mario Mieli.
Parliamo di Canone ambiguo. Della letteratura queer italiana, scritto da Luca Starita, giovane studioso, laureatosi all’Università di Bologna con una tesi sul queer nella narrativa di Aldo Palazzeschi, collaboratore di numerose riviste letterarie, autore del romanzo La tesi dell’ippocampo (Bookabook, 2019) e delle due drammaturgie Quanta strada nelle mie scarpe (2018) e Caleidoscopio(2019) per la compagnia teatrale Murmuris.
Il saggio di Starita parte dal presupposto che, al di fuori dal canone letterario del Novecento, è possibile tracciare una sorta di contro-canone, costituito da una letteratura “anarchica, scorretta, mostruosa”, talora restituita ai lettori solo nei suoi aspetti più accettabili e normalizzati. L’autore affronta la definizione di questo contro-canone attraverso un’opera stilisticamente articolata, che alterna drammaturgia e studio critico, servendosi delle teorie queer per smascherare i velati silenzi di chi, attraverso i propri testi e mai in modo esplicito, ha cercato di esprimere il proprio orientamento sessuale, la propria libertà di genere, o più semplicemente la propria esistenza fuori dalla norma.
In un susseguirsi di scene agili e vivaci, Luca Starita, accompagnato da Pier Vittorio Tondelli, nei panni di una specie di Caronte letterario, va alla (ri)scoperta delle personalità più interessanti e queer della storia della letteratura italiana, penetrando nel loro universo sentimentale e intellettuale più nascosto, per offrire uno spunto di riflessione sulla scrittura e sulle nostre molteplici potenzialità di analisi. Per saperne di più su quest’opera, abbiamo contattato telefonicamente lo scrittore.
Nel prologo del tuo saggio scrivi che, oltre al canone di autori e libri che si studiano anche a scuola, «esiste un nutrito numero di opere a suggerirci la possibilità di un’altra idea di letteratura, un’idea che si discosta dal ‘pensiero unico’ portato avanti nella gran parte delle accademie». A quali opere alludi? Credi che la tua opera possa proporsi come un contro-canone dichiaratamente queer?
Io considero Canone ambiguo come il primo passo di quella che sarà – spero – una lunga serie di studi in questo nuovo campo d’indagine. La necessità di introdurre il termine “queer” deriva dall’intento di mostrare quanto sia stato urgente e forte, nella nostra letteratura novecentesca, il bisogno di proporre un modello alternativo a quello che era proposto dalla nostra società riguardo alle identità di genere, ovvero quelle identità che definiscono socialmente non solo l’essere donna o l’essere uomo, ma anche l’essere omosessuale o l’essere eterosessuale. È stato sorprendente constatare quanto numerose siano le risposte che è possibile trovare nelle opere citate in Canone ambiguo – opere che coprono tutto l’arco del secolo scorso, a partire dal 1906 di Una donna di Sibilla Aleramo o Riflessi di Aldo Palazzeschi del 1908 fino al 1989 di Camere separate di Pier Vittorio Tondelli -, risposte che si possono considerare valide anche per quelle domande dello stesso tipo che ancora oggi ci poniamo. Il contro-canone (o anti-canone) è un tipo di definizione che è necessaria per distaccarsi da quei nomi che vengono proposti in tutte le scuole superiori e nella maggior parte dei casi nelle Università, nomi come Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Eugenio Montale, eccetera. Ciononostante, come spiego nella parte conclusiva di Canone ambiguo, sono fermamente convinto che tutti gli autori e le autrici presenti nel saggio compongano, assieme ai protagonisti della letteratura canonica, una serie di facce, di sfumature, di esistenze che compenetrano e coesistono, che si oppongono ma che completano il complicato quadro di un’unica letteratura, la nostra.
Qual è l’importanza di individuare, oggi, una letteratura queer? Quali sono i paesi in cui già esiste uno scenario chiaro e identificabile di letteratura queer e perché – a tuo parere – in Italia risulta ancora difficile parlare di letteratura queer e letteratura gay?
Una distinzione molto importante da compiere è quella tra letteratura queer e letteratura gay. Il termine queer è un termine che solo recentemente ha cominciato a distaccarsi dalla sfera meramente sessuale per avvicinarsi a quella culturale: oggi “queer” non è più solo sinonimo di gay, ma identifica tutto ciò che si oppone a “straight”, quindi a normale. Rispetto agli altri Paesi come l’Inghilterra, la Francia o la Germania, l’Italia ha cominciato tardi a occuparsi del concetto di omosessualità e, di conseguenza, di letteratura omosessuale; questo perché in Italia non è mai esistita una legge contro l’omosessualità. Mentre negli altri Paesi l’omosessualità veniva condannata – si ricordi il paragrafo 175 tedesco -, in Italia no. Per la nostra penisola si parla infatti spesso di “tolleranza repressiva”: questo ha comportato un ritardo importante nel riconoscimento a livello sociale dell’individuo omosessuale. Dal punto di vista letterario, in Italia dobbiamo aspettare il 1981, ovvero l’anno in cui Francesco Gnerre pubblica la sua tesi di laurea L’eroe negato. In questo libro, Gnerre affronta la rappresentazione di alcuni personaggi omosessuali all’interno di romanzi di vari autori italiani. È importante constatare l’esistenza di una letteratura queer per rendere ovvio che tutti quegli individui che si sentono, oggi, fuori da un mondo che sembra loro precluso – a prescindere da orientamento sessuale e/o identità di genere -, possono trovare nella storia letteraria del proprio Paese una serie di individui descritti come strambi che esistevano e resistevano: la queerness permeava nei nostri tessuti sociali ben prima della sua teorizzazione.
Come mai in questa ricognizione di una queerness italiana hai scelto di partire da una reinterpretazione dei personaggi dei romanzi di grandi scrittori da te selezionati? Quale personaggio, quale libro e quale autore, ritieni, siano i più rappresentativi di questa tua proposta di canone queer e quali, invece, hanno condizionato maggiormente la tua speculazione intellettuale?
Scegliere di scrivere di alcuni nomi piuttosto che di altri è legato alla necessità di portare alla luce aspetti della letteratura italiana che sono spesso ignorati. I programmi delle scuole superiori, anche per problematiche legate al poco tempo a disposizione, quasi sempre ignorano la nostra letteratura novecentesca, o comunque tengono in considerazione solo alcuni autori e alcune opere di inizio Novecento. Più che una reinterpretazione, quindi, penso che si debba parlare, nel caso di Canone ambiguo, di una lettura e, nei casi più fortunati, di una rilettura: la scelta di far parlare i testi così come sono stati concepiti dall’autore e dall’autrice deriva proprio dalla necessità di rendere evidente quanto le parole stesse mostrino con completezza gli aspetti della queerness che indago nel saggio. L’intera produzione narrativa di un autore, nello specifico Aldo Palazzeschi, è impregnata di queerness: in moltissime novelle e nella maggior parte dei romanzi, Aldo Palazzeschi propone continuamente una tensione e un’oscillazione tra maschile e femminile, visti sì come opposti, ma come opposti che completano un personaggio specifico, che viene definito nella e con la non-definizione. Tra coloro che invece mi hanno condizionato di più, cito Alberto Arbasino e Pier Vittorio Tondelli. Il primo mi ha ispirato l’impianto narrativo di Canone ambiguo: in un passo dell’Anonimo lombardo del 1959 Arbasino raggruppa tutta una serie di nomi di scrittori sotto il termine di “famigliona di paese”, utilizzando dunque un termine non legato al mondo letterario, ma a quello sociale, famigliare. Il secondo è colui che ha espresso al meglio, in un solo decennio, l’essenza più profonda della queerness: con Altri libertini, Pao pao e Camere separate, Tondelli propone continuamente modelli alternativi alla donna, all’uomo, all’eterosessuale e all’omosessuale così come erano concepiti nella società italiana fino a quel momento e come sono, a mio parere, concepiti ancora oggi.