Per favorire un più proficuo dibattito e approfondimento delle questioni sottese al disegno di legge contro omotransfobia, misoginia e abilismo, di cui dopo l’approvazione alla Camera si attende ora la calendarizzazione in Senato, Gaynews ospita con piacere un articolo della senatrice Barbara Masini, capogruppo di Forza Italia in Commissione Diritti umani. Il contributo prende spunto dal recente episodio di lesbofobia, di cui è stata vittima Malika Chalhy e sul quale la procura di Firenze ha aperto un fascicolo di indagine.
La dolorosa vicenda di Malika, ventiduenne di Castelfiorentino fatta oggetto di offese e minacce da parte della famiglia, allontanata da casa, privata anche dei suoi oggetti personali, per aver confessato ai propri genitori che ama una ragazza, merita una riflessione profonda a freddo.
La questione non può limitarsi a stigmatizzare i messaggi di odio e discriminazione che la ragazza ha ricevuto dai genitori o dalla grande comunità dei vigliacchi da tastiera, né alla necessità di calendarizzare al più presto il ddl Zan per aumentare la percezione di sicurezza della comunità Lgbtq+, perché altrimenti perderemmo di vista il cuore del problema.
La storia di Malika deve essere l’occasione per una riflessione politico culturale a 360 gradi, senza strumentalizzazioni e senza steccati ideologici da parte di nessuna delle posizioni in campo, con l’obiettivo di farci maturare come classe politica e come società. Questa storia è, infatti, solo la punta dell’iceberg di un’Italia che ha ancora troppe sacche di vergognosa arretratezza culturale e chi le nega e minimizza, non vuole bene all’Italia.
L’Italia si pone in fondo alle classifiche dell’Europe Annual Review relativamente alla tolleranza e al rispetto dei diritti umani, eppure molti esponenti politici e di conseguenza molti cittadini sembrano prendere davvero poco sul serio questi dati e darvi poca importanza. Personalmente mi procura sofferenza e sconforto vedere il mio Paese color rosa nelle mappe dei diritti, perché in certi grafici statistici, il colore rosa è l’anticamera del (pericolo) rosso.
Nella video intervista a Fanpage.it Malika dice che lei non pensa di aver fatto del male alla sua famiglia: «…“per quanto” io possa amare una persona del mio stesso sesso…». Ed è in quel “per quanto” che dice tutto sulla profondità del problema relativo all’accettazione, anche propria, che le persone Lgbtq+ vivono nel nostro Paese.
Le famiglie possono reagire in vari modi quando un figlio o una figlia dichiarano la propria omosessualità. Può accadere che reagiscano con preoccupazione per quello che sarà il loro percorso di vita futura. Ed è questo un punto cruciale, perché spesso le famiglie sono lasciate sole ad affrontare situazioni delicate in quanto la società, e in primis la scuola, non ha dato loro gli strumenti per non sentirsi destabilizzati da storie di vita che, in un paese normale, sarebbero percepite come normali.
Non basta una legge, di per sé importante, come quella contro l’omotransfobia, a cambiare la società, serve un percorso culturale più ampio. Il ddl Zan può essere un punto di partenza per riuscire a sdoganare sacche di ritrosie e resistenze allo svilupparsi di un confronto che si muova sui binari dell’oggettività per cercare di rendere la nostra società più equa e giusta, senza cadere nella melmosità delle chiusure preconcette o addirittura nella veicolazione di fake news nell’affrontare il dibattito.
Ma se non inizieremo una vera e propria rivoluzione culturale partendo dalle scuole, dall’educazione all’altro, dall’eliminazione della paura e del senso di vergogna di essere sé stessi, allora sarà tutto inutile, perché ci sarà sempre un tipo di odio che potrebbe sfuggire alle maglie della legge e ci sarà sempre quell’intimo e profondo “per quanto” di Malika, stigma di un senso di colpa e di vergogna radicato anche in chi combatte per i propri diritti.
La storia di Malika deve essere un faro per guidare questo Paese verso un futuro più libero, accogliente e democratico. E la politica ha il dovere di non farsi sfuggire questa occasione, per tutte le Malika d’Italia.