Non si dà pace Anna Screnci, che dallo scorso lunedì pubblica sui social post e video per chiedere giustizia e verità sulla morte del figlio diciottenne Orlando Merenda. Sul decesso del giovane omosessuale, travolto dal regionale Chieri-Rivarolo alle 14:35 di domenica 20 giugno, la procura di Torino ha aperto un fascicolo: bullismo e omofobia le ipotesi avanzate dall’inchiesta coordinata dalla pm Antonella Barbera.
Orlando si sarebbe tolto la vita tra le stazioni di Torino Lingotto e Moncalieri non sostenendo più derisioni e umiliazioni in quanto gay. Ma la madre rifiuta di credere a «un gesto estremo» fatto di propria volontà, ritenendo che sia stato direttamente spinto al suicidio da chi lo bullizzava e irrideva se non ammazzato. «Chi mi ha tolto la mia gioia – ha scritto – si pentirà amaramente. Sei stato ingannato, plagiato, deriso, umiliato… Il tuo carattere così fragile… Non sapevi dire di no. Sei stato l’amico di tutti. Troveremo giustizia».
La notizia è deflagrata come una bomba in tutta Italia dopo che La Stampa ha ieri dedicato un ampio articolo alla tragica morte di Orlando, i cui funerali erano stati celebrati il giorno prima nella parrocchia dell’Assunzione al Lingotto.
Il 20 giugno il giovane, che aveva da poco compiuto 18 anni e frequentava il Professionale col sogno di diventare barman, aveva pranzato con il papà e il fratello. Poi era uscito di casa senza farvi mai più ritorno. «Mi aveva confessato – così il fratello a La Stampa – di aver paura di alcune persone. Non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Era preoccupato. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità». Unanime la testimonianza di amici che hanno dichiarato: «Lo prendevano in giro perché era omosessuale».
Orlando non ha lasciato nessun biglietto, ma sulla sua pagina Instagram, tra i numerosi messaggi di cordoglio, sono piovuti anche insulti e persino un «Morte ai gay». Gli agenti della polizia ferroviaria, acquisiti i messaggi, sono andati a parlare con insegnanti, compagni di classe, amici.