«Raffaella ci ha lasciati. È andata in un mondo migliore, dove la sua umanità, la sua inconfondibile risata e il suo straordinario talento risplenderanno per sempre». Con queste parole Sergio Japino ha annunciato la morte di Raffaella Carrà, regina incontrastata dello spettacolo in Italia e nel mondo, deceduta ieri pomeriggio in una clinica romana poche settimane dopo il suo settantottesimo compleanno.
La notizia della scomparsa di Raffa, inutile dirlo, ha lasciato tutti increduli, forse perché l’artista ha vissuto in maniera discreta e silenziosa la sua malattia. O forse perché tutti, sia i colleghi sia i fan, avevano creduto, fino a ieri, che la sua verve esplosiva, la sua risata contagiosa, il suo atteggiamento naturalmente positivo nei confronti della vita potessero difenderla per sempre, in qualche modo, dai colpi più severi del destino.
Raffaella Carrà non è stata solo una cantante e una soubrette strepitosa con hit indimenticabili come Tuca Tuca, A far l’amore comincia tu, Rumore o Tanti auguri, ma anche l’incarnazione stessa dell’evoluzione dei costumi sociali degli ultimi cinquant’anni: con leggerezza, risata dopo risata, ha scardinato l’immaginario collettivo di tre generazioni, contribuendo considerevolmente all’emancipazione delle abitudini e delle convinzioni e al contrasto ai pregiudizi, diventando punto di riferimento per la stessa comunità Lgbt+.
Del resto, nel 2017, Raffaella Carrà era stata “eletta” madrina del World Pride di Madrid e aveva ricevuto il prestigioso riconoscimento di Icona gay mondiale. Sul fatto d’essere da anni un’«icona gay», la stessa artista aveva dichiarato nel 2018: «Lo sono diventata mio malgrado: non ho fatto nulla. L’unica cosa che faccio, visto che me lo chiedono, è di andare a fare le sfilate per l’orgoglio gay in continuazione. L’anno scorso sono andata a Madrid, dove c’era il Pride Mondiale, e così li ho beccati tutti in una notte». Sempre tre anni fa Raffaella aveva voluto che tra le varie famiglie presenti nella clip del suo inedito Chi l’ha detto (contenuto nell’album Ogni volta che è Natale) ce ne fosse una composta da persone dello stesso sesso. «È nel tempo, sta nelle cose», aveva commentato con semplicità.
Alla notizia della morte di Raffaella Carrà la comunità Lgbt+, in tutto il mondo, ha listato a lutto il proprio animo e ha espresso cordoglio e dolore per la perdita della sua “regina”. Una perdita che è assai più devastante di quanto si possa credere perché Raffa è stata – e resterà indubitabilmente – un riferimento identitario per la comunità arcobaleno. Nei suoi brani – a partire da Luca, la prima canzone ad affrontare in maniera allegra le tematiche omosessuali –, nel suo look trasgressivo e “baraccone”, nella sua solarità e nella sua allegria tante persone Lgbt, in anni in cui era difficile dichiararsi ed essere se stessi, si sono riconosciute, si sono sentite rappresentate, si sono sentite comprese e difese. Insomma si sono sentite rispettate e amate per quello che erano.
La redazione di Gaynews fa sue le parole del deputato Alessandro Zan che, proprio nei giorni in cui il suo dd,l contro l’omotransfobia conosce un angosciante rallentamento istituzionale, ha così commentato la morte di Raffaella Carrà: «Mi lascia attonito. Per oltre cinquant’anni con la sua arte e la sua musica ha combattuto contro stereotipi e discriminazioni. Ha parlato al mondo di libertà e gioia. Finisce un’era, c’era ancora bisogno di lei».