Che Raffaella Carrà sia scomparsa è cosa di cui molte persone ancora non riescono a capacitarsi anche a poche ore dalle esequie, che saranno celebrate nella basilica di S. Maria in Aracoeli. Sicuramente per quella malattia, che lei ha tenuto sempre celata e che l’ha condotta alla morte. Ma forse anche perché determinati personaggi hanno a tal punto e per così tanti anni dominato la scena pubblica, come nel caso di Raffaella Carrà, da essere inconsciamente associati al concetto d’immortalità. In tanti oggi stanno ricordando la regina della tv italiana. Ma c’è chi può tratteggiarne un ritratto originale, quasi inedito. E questi è sicuramente l’attore, scrittore e conduttore radiofonico Fabio Canino.
Fabio, quali sentimenti hai provato alla notizia della morte di Raffaella Carrà?
Un senso di grande tristezza. Quasi di abbandono per la scomparsa di una persona cui si è voluto tanto bene. Per me Raffaella non era un personaggio televisivo, ma una persona amata sulla base di un rapporto diretto. Raffaella era una persona che ho conosciuto, che ho frequentato. Un’amica che mi dava consigli. Sento la sua scomparsa come una grande perdita. Per me lei è sempre stata un colore dell’arcobaleno, un colore che mi ha aiutato a essere me stesso. Il colore resterà ma non ci sarà più lei a ricordarlo.
Che cosa puoi dirci del tuo rapporto con Raffaella?
I ricordi sono tantissimi. Fra l’altro tutto quello che ho realizzato su Raffaella l’ho fatto quando lei era viva. Io volevo che lei fosse presente quando le dedicavo delle cose. Ricordo soprattutto lo spettacolo teatrale di grande successo, Fiesta, che lei ha visto. Il Capodanno del 1999 mi fece addirittura una carrambata televisiva che rammento molto bene, perché davanti al teatro erano iniziati ad arrivare dei camion della Rai. Ne rimasi molto stupito e scherzando dissi: “Magari la Carrà ci farà una sorpresa“. Il mio produttore, che era l’unico che sapeva tutto e che aveva l’ordine di non dire nulla, mi disse: “Eh, figurati. Vola basso. È l’ultimo dell’anno e devono fare i collegamenti da tutti i principali luoghi d’Italia”. E invece… Raffaella ci fece una carrambata straordinaria. In più venne a vedere lo spettacolo, di cui feci una replica speciale per lei e i suoi amici. Lei rimase contentissima: rideva come una matta, mi fece moltissimi complimenti. Sai, quando conosci i tuoi idoli, c’è sempre il terrore che ti deludano. Lei invece da quella sera l’ho amata e apprezzata sempre di più.
Credi di riportate in scena Fiesta quale omaggio a Raffaella?
Me lo stanno chiedendo in tanti. Ma in questi giorni sto solo pensando a quello che è accaduto.
Raffaella Carrà è da sempre amata dalla comunità Lgbt+ e non solo italiana, al punto tale che nel 2017, durante il World Pride di Madrid, le fu attribuito il titolo di “icona gay mondiale”. Quali i motivi secondo te?
Raffaella è stata e resta un’icona, perché l’icona dev’essere in assoluto unica, originale. Dev’essere qualcuno che attraverso il proprio lavoro, e non attraverso proclami, abbia portato avanti delle istanze. Nel caso di Raffaella basti pensare, ad esempio, a quella della libertà sessuale. In più lei non ha avuto una vita facile: nessuno le ha regalato niente. Ecco perché molti della comunità Lgbt+ si riconoscono in lei. E, poi, quell’umanità e schiettezza che l’hanno fatto amare universalmente. Quando nel 2006 pensai al libro Raffabook, decisi di scriverlo senza chiederle nulla e poi glielo spedii. Pensai tra di me: Adesso mi arriva una lettera del suo avvocato… Invece, dopo alcuni giorni, mi arriva una telefonata: era lei. Cosa che mi stupì perché solitamente, in questi casi, sono gli assistenti o l’ufficio stampa a stampare. Ricordo bene le sue parole: “Ciao, sono Raffaella. Ti disturbo? Volevo dirti che mi è arrivato il tuo libro. Sono davvero felice. Che bell’omaggio che mi hai fatto! E, soprattutto, hai scritto le cose come stanno”. Come se non bastasse, volle ringraziarmi di persona invitandomi a una cena.
Raffaella ha segnato anche la tua attività di conduttore televisivo oppure no?
Ma certo. Quando a Gay.tv facemmo il programma Rumore, avrei voluto che Raffaella venisse in studio. Ma lei all’epoca era in Francia. Mi disse: “Guarda sarei venuta con piacere, anche perché Gay.tv la guardo spesso. Ma non posso. Però almeno una telefonata la voglio fare”. Io pensavo che si sarebbe trattato di una telefonata di tre o quattro minuti. E invece dovemmo chiudere noi la conversazione telefonica, perché lei non riattaccava mai. Quasi come se si sentisse in colpa di non essere lì presente.
Fabio, che cosa ne pensi della proposta giunta da più parti di ribattezzare il ddl Zan in ddl Carrà?
Non credo che sia giusto legare il suo nome a una questione politica. Mi sembra una cosa strumentale per quanto lei fosse d’accordissimo sulle nostre istanze. Al contrario penso che sia giustissimo dedicarle, come ha proposto Milly Carlucci, l’Auditorium della Rai. A proposito di riconoscimenti mi viene in mente che un anno fa avevo tentato di falar nominare Cavaliere della Repubblica, titolo che, per giunta, è stato spesso attribuito a personaggi dello spettacolo imbarazzanti. Fra l’altro lei aveva ricevuto in Spagna le massime onorificenze dai re Juan Carlos e Felipe. Orbene, ricordo che c’incontrammo un giorno in radio e lei mi supplicò imbarazzatissima: “Ti prego, Fabio. Non lo fare”. E io: “No, no Raffella. Sono convintissimo della cosa”. Mi resta solo l’amarezza che non sia andata a buon fine.