Ci sono lesbiche che sparigliano le carte, ovunque. Questo forse la storia ufficiale lo ignora, ma chiunque voglia togliersi dagli occhi le ragnatele di un discorso viziato può accorgersene facilmente. Per esempio Rachel Carson, la scopritrice degli effetti ambientali cancerogeni del DDT, stenua lottatrice contro gli occultamenti di questi danni e fondatrice del movimento ambientalista era lesbica, solo per stare in tema ambientalista.
Tornando al presente italiano, possiamo dire che le carte sul dibattito sul ddl Zan sono state sparigliate da Cristina Gramolini e da Arcilesbica, la sua associazione, distintasi un tempo per un ottimo e capillare lavoro di crescita di consapevolezza e liberazione sui territori ed ora, ridotta a poche unità, operante insieme alle forze reazionarie per la cancellazione dell’identità di genere, vista addirittura come ostacolo alla libertà di esprimersi come donne.
Poi c’è Barbara Masini. Masini è senatrice di Forza Italia, nella piccola area liberal che pure esiste nel suo partito. Look sobrio, atteggiamento garbato e simpatico, senza cedere sulle sue idee di liberalismo, le declina in un modo diverso da molti del suo partito, è più Isaiah Berlin che Margaret Thatcher, tanto per capirci. Un liberalismo più declinato dal lato della libertà che da quello del neoliberismo. Improvvisamente, qualche settimana fa, Barbara Masini ci stupisce facendo coming out su La Repubblica, un bel coming out, netto, con meno giri capziosi di quello della compagna Elly Schlein. Certo, dice omosessuale e non lesbica, ma tante di noi sanno quanto è difficile e anche a volte doloroso imparare a dirsi quella parola. Quindi anche la sua difficoltà può essere come quella di una scena di Flying di Kate Millett, un romanzo tradotto negli anni ’70 da Bompiani e mai ritradotto, dove la grande femminista prova a pronunciare la fatale parola guardandosi allo specchio, tra dolore e difficoltà emotive.
Oggi Barbara Masini ha preso parola pubblica sul ddl Zan per la prima volta dopo il coming out. Ha detto molte cose condivisibili, parlando come persona con cognizione politica e sociale dei danni sistemici dell’omolesbobitransfobia. Ha anche parlato da politica, ricordando anche gli errori del suo partito sull’articolo 4 e le molte incongruenze del dibattito politico su questo tormentato ddl. Alla fine ho sentito lei nell’aula del Senato dire: «Quando capì di me, mia madre mi disse: Ho paura per te». Ovvero le stesse cose che mia madre disse a me anni fa. Dismetto il mio relativo distacco operato nella scrittura, entro in campo: è stato un momento incredibile, e mi sono messa a piangere.
Barbara non ha parlato solo per me, ha parlato per tante e tanti. Ma il momento di choc liberatorio in cui ho sentito quelle parole risuonare in un luogo istituzionale come il Senato della Repubblica ha avuto un significato personale non commensurabile. Poi sono tornata attivista e ho pensato: Bene, comunque vada è l’inizio di una nuova epoca. Grazie a Barbara Masini, grazie alla forza lesbica di sparigliare le carte. Se, come diceva Audre Lorde, «non era previsto che sopravvivessimo», noi non solo siamo sopravvissute, noi siamo diventate.