In un anno segnato dalla recrudescenza di violenza verbale verso le persone trans, cui ha ampiamente contribuito e continua a contribuire un dibattito politico, giornalistico e social su ddl Zan e identità di genere tutt’altro che decoroso, arriva da Milano un inverso segnale di positività. Il 23 luglio, infatti, la quarantaduenne Monica Romano, attivista transgender, presidente di Acet, scrittrice e autrice di tre libri sulle tematiche T, ha annunciato dalle colonne de La Repubblica la propria candidatura a consigliera comunale nella lista del Pd per Beppe Sala sindaco.
Contattata da Gaynews, ne ha così spiegato le motivazioni: «A Milano è arrivato il momento di portare in Consiglio Comunale una persona transgender. Con grande umiltà e senza volermi paragonare a lei, trovo ispirazione nella storia della grande Marcella Di Folco, eletta nel Consiglio comunale di Bologna nel 1995. Lei fu la prima donna trans a ricoprire una carica pubblica nel mondo, io sarei felice di essere la prima a Milano. Questo avrebbe un valore politico in sé, anche se, diciamolo, non credo che basti essere trans per entrare in un’istituzione pubblica a rappresentare i cittadini. Con me, in Comune, porterei un percorso, intrapreso nella e insieme alla comunità Lgbt+ milanese, di durata, nel mio caso, ormai ventennale».
Al riguardo Monica Romano ricorda che «in questo cammino collettivo ci sono l’impegno nell’associazionismo e il lavoro socio-assistenziale, culturale e politico, portati avanti a livello esclusivamente volontaristico in tutti questi anni. Milano dovrebbe riconoscere il valore del lavoro che noi volontari nelle associazioni Lgbt+ abbiamo svolto per decenni, andando così a supplire alla mancanza di servizi e di spazi culturali e di rappresentanza per la nostra comunità. Abbiamo garantito spazi e servizi di cui le istituzioni pubbliche avrebbero dovuto occuparsi. Il nostro impegno e i nostri saperi sono oggi preziosi, e non soltanto per la comunità Lgbt+ milanese, ma per la cittadinanza tutta».
Per l’attivista e scrittrice, che esercita la professione di recruiter, è necessario non dimenticare mai «che le nostre lotte hanno valore e valenza universale, e che ogni cittadino vi si può riconoscere, come i tanti che – pur non appartenendo alla comunità Lgbt+ – mi stanno scrivendo in questi giorni: i lavoratori precarizzati, soprattutto donne, i nuovi poveri a seguito della pandemia, gli studenti alle prese con una città che offre tanto ma che costa troppo, le donne impossibilitate ad abortire o a lasciare un compagno violento per ragioni economiche, i richiedenti asilo, le seconde generazioni, gli over 65 completamente cancellati dallo spazio pubblico e da una logica ageista, e tante altre persone».