Le braccia alzate e incrociate a X in segno di solidarietà con le «persone oppresse», che «stanno combattendo in tutto il mondo e non hanno una podio per poter parlare». Perché quella x «è il punto d’intersezione in cui s’incontrano tutte le persone che sono oppresse». Ha spiegato così il suo semplice ma eloquente gesto di protesta, inscenato ieri a Tokyo all’atto della premiazione, la pesista statunitense Raven Saunders.
La venticinquenne atleta afroamericana, dichiaratamente lesbica e attivista per i diritti delle persone Lgbt+, che si è aggiudicata la medaglia d’argento nel lancio del peso femminile, rischia ora una sanzione disciplinare. Le nuove regole del Comitato olimpico internazionale vietano infatti qualsiasi tipo di protesta sul podio. Quella di Raven Saunders è la prima dall’introduzione di tali normative. Ma è altamente improbabile che il Cio agisca contro la pesista di Charleston in considerazione della ricaduta mediatica che un tale atto potrebbe avere.
Inoltre, nonostante la giovane età, Raven Saunders è già da tempo icona e modello nelle battaglie contro ogni forma di oppressione e discriminazione. Figlia di una ragazza madre, l’atleta è vissuta tra povertà e soprusi per il fatto di essere lesbica e nera. Poi una lunga depressione e il tentato suicidio nel 2018, da cui è uscita, dopo la degenza in una clinica psichiatrica, grazie alla tenacia, alla meditazione, all’amore per lo sport. Non a caso Raven è divenuta la testimonial per eccellenza della National Suicide Prevention Lifeline.