In questa settimana di ferragosto con il Parlamento in vacanza è giusto chiedersi a che punto è la legge Zan e che possibilità ha di essere approvata alla riapertura dei lavori delle Camere.
Gli argomenti contrari della destra sono noti e scontati, visto che i Salvoni e i Melini nostrani rappresentano la peggiore destra europea paragonabile a quella ungherese e polacca con le quali, non a caso, firmano accordi e manifesti sui “valori” familisti. Fratelli d’Italia, ma meglio sarebbe chiamarli “Fratelli d’Ungheria”, è contro a prescindere su tutta la linea. Sono gli eredi diretti di ciò che rimane del vecchio fascismo e vedono l’applicazione della legge Mancino per i reati commessi in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere come fumo negli occhi: si sa che vorrebbero l’abrogazione della Mancino sic et simpliciter. Proprio per questo risulta penosa la richiesta bambinescamente “provocatoria” da parte di Meloni a Draghi di interrompere le relazioni commerciali dell’Italia con i paesi che prevedono l’omosessualità come reato, anche perché bisognerebbe cominciare proprio dall’Ungheria dell’amato Orbán. La Meloni se volesse avere un minimo di credibilità dovrebbe chiedere che il Governo italiano prema sull’Onu per riprendere la campagna mondiale di decriminalizzazione dell’omosessualità sulla quale era d’accordo persino il trucido Trump.
La Lega, essendo al governo con i partiti del Conte 2 (posso dire che non invidio per nulla quei partiti in questo momento?), fa finta di volere una “mediazione” che consiste nella cancellazione degli elementi centrali del ddl. Più che una mediazione sarebbe una amputazione. Sulla credibilità di Salvini torneremo in seguito.
Diverso il discorso a proposito delle forze politiche che sostengono la necessità di una buona legge contro la violenza omotransfobica. Il caso più evidente è quello dei renziani, che alla Camera hanno contribuito alla stesura del ddl Zan scrivendo l’articolo 1 sulle definizioni e chiedendo di introdurre la disabilità attraverso un emendamento votato all’unanimità. Curiosamente al Senato Iv chiede un modifica radicale del ddl, che va oltre persino la famigerata nota verbale della Segreteria di Stato Vaticana che si “limita” a pretendere la cancellazione degli articoli 1 e 4 e la modifica dell’art. 7 per escludere le scuole paritarie dalla celebrazione del 17 maggio, giornata mondiale contro l’omotransfobia (già approvata dal Parlamento Europeo), proposta irricevibile visto che dette scuole stanno in piedi con i soldi pubblici della fiscalità generale.
I renziani chiedono la cancellazione degli articoli 1, 4 e 7 e la sostituzione di “orientamento sessuale” e “identità di genere” con le parole omofobia e transfobia. Possibile che i tecnici legislativi di Iv al Senato non sappiano che questi due termini non sono “tipizzati” e quindi non consentano quella “tassatività” della norma che è obbligatoria in una legge penale? Per di più “orientamento sessuale” e “identità di genere” sono già largamente presenti nella giurisdizione, nelle leggi anche italiane e nei trattati internazionali da tempo.
In sostanza se introduciamo nel ddl Zan questi due termini, che peraltro ci sono cari, la legge sarebbe di fatto inutilizzabile con il concreto rischio di una quasi certa bocciatura da parte della Corte Costituzionale e persino del giudice di merito in primo grado. Renzi sostiene che la Lega sarebbe d’accordo con questa “mediazione” e la ministra Bonetti afferma addirittura che della Lega ci si deve fidare. Personalmente penso che Salvini sia del tutto inaffidabile, perché cambia opinione anche nel giro di poche ore compulsando i sondaggi come tutti sanno.
Prendiamo per un attimo in considerazione un compromesso che ci suggeriscono in tanti in “privato” e, cioè, che si potrebbe fare a meno degli articoli 1 e 4 e accogliere una piccola e secondaria modifica dell’art 7 lasciando il resto del ddl così com’è ora. Gli articoli 1 e 4 non c’erano nel testo originale; l’1 è stato scritto da IV, il 4 dalla destra. Ma chi è in grado di garantire tassativamente che non ci siano altre “trappole” in Senato durante il voto dai vari Calderoli? Il rischio concreto è quello di essere cornuti e mazziati. E qui è utile il paragone con la vicenda delle unioni civili, quando a un certo punto Renzi decise meritoriamente di mettere la fiducia sul testo Cirinnà, perché il rischio concreto era quello dei 900 emendamenti non solo della destra. La maggioranza disponibile in quel momento era risicata come succede spesso al Senato, ma assai più ampia di quella di cui disponiamo ora sulla carta. Proprio per questo il 19 settembre 2019 partecipai alla conferenza stampa al Senato indetta del gruppo M5s e dalla senatrice Maiorino con lo scopo di far partire proprio dal Senato la discussione in questa legislatura della legge contro l’omotransfobia. Se fossimo riusciti a farla calendarizzare al Senato nel periodo del Conte 2, quando la Lega non era al governo e in maggioranza, a mio avviso avremmo avuto una possibilità in più di avere una buona legge perché forse Conte poteva anche permettersi di porre la questione di fiducia (cosa molto improbabile per Draghi per ovvie ragioni) e a quel punto saremmo potuti arrivare alla Camera, dove, come si sa, c’è una maggioranza di centrosinistra più solida.
Discorso a parte quello dei “malpancisti”, presenti in relativo silenzio nei partiti dell’ex maggioranza giallo-rossa. Si tratta essenzialmente dei cattodem e relativi omologhi negli altri partiti, molto corrivi con le posizioni vaticane, soprattutto dopo l’altolà della Segreteria di Stato Vaticana con la famigerata nota verbale, resa nota, a quanto pare, da una “manina” molto interessata. A mio parere si tratta di un clamoroso autogol di Oltretevere, frutto probabilmente di un mix di isteria e superficialità. Non a caso mi si dice che il clamore suscitato dalla nota verbale ha rilanciato nel paese l’anticlericalismo e persino la pratica dello sbattezzo. Ma soprattutto ha costretto le massime cariche dello Stato a intervenire con decisione per riaffermare, e ce n’era bisogno, la laicità dello Stato e la sua natura non confessionale. Draghi, personaggio solitamente schivo, nel suo intervento al Senato in diretta tv ha parlato di laicità come valore costituzionale, citando la nota sentenza dell’alta Corte del 1989.
Da questo punto di visto occorre essere consapevoli della grande vittoria del movimento Lgbt+, comunque vada la legge Zan (e speriamo che vada bene), sul piano politico generale e anche su quello culturale, considerato che il nostro vero problema come movimento è stato nella storia italiana quello di essere stretti nella morsa del clericofascimo e del cattocomunismo. Per tutta la nostra storia recente ci siamo battuti per difendere ed estendere la laicità come spazio collettivo delle libertà di tutti e, in particolar modo, dalla pretesa di alcune religioni monoteiste di dettare legge, letteralmente, dato che nulla è scontato e che le libertà individuali vanno tutelate ogni giorno: la riaffermazione così solenne di questi valori ci ha riempito di gioia e di speranza.
Tra giugno e luglio ho avuto la possibilità di partecipare ai Pride di Milano e di Bologna e parlare a decine di migliaia di persone toccando con mano un grande cambiamento sociale e culturale, che c’è stato soprattutto tra giovani e giovanissime. Ecco perché, comunque vada, abbiamo già vinto!