Il 14 agosto ci ha lasciato, dopo aver strenuamente lottato contro una patologia polmonare, Piera Degli Esposti, immensa interprete del teatro e del cinema italiano, artista dalla marcata personalità, espressione vulcanica di emancipazione e contrasto a stereotipi di genere e pregiudizi.
Diretta sulla scena da registi quali Trionfo, Cobelli, Calenda, Castei e Castellani, aveva conosciuto anche il successo cinematografico sotto la guida di nomi del calibro di Pier Paolo Pasolini, Paolo e Vittorio Taviani, Aurelio Grimaldi, Lina Wertmüller, Paolo Sorrentino, Peter Marcias, Maria Sole Tognazzi. Con L’ora di religione di Marco Bellocchio aveva vinto nel 2003 il David di Donatello come migliore attrice non protagonista.
Si era messa alla prova anche come regista di opera lirica, dirigendo Lodoletta di Piero Mascagni, La notte di un nevrastenico di Nino Rota e La voce umana di Francis Poulenc. Per il piccolo schermo aveva partecipato alla realizzazione di diverse fiction: indimenticabile la sua presenza nella fortunatissima serie Tutti pazzi per amore di Ivan Cotroneo. Nel novembre del 2013, in occasione della presentazione del documentario Tutte le storie di Piera (diretto da Marcias) al Torino Film Festival, aveva ricevuto il Premio Maria Adriana Prolo.
Piera degli Esposti, personaggio sempre controcorrente, amata dalla comunità Lgbt+ per la sua refrattarietà verso stereotipi e convenzioni, aveva portato in scena, anche al Gay Village di Roma, Wikipiera, uno spettacolo in cui, grazie all’eclettico Pino Strabioli, l’attrice raccontava episodi singolari e poco conosciuti della sua lunga carriera.
E proprio l’attore teatrale e conduttore tv Rai ricorda affranto a Gaynews la grande artista, definendola «libertà di pensiero e di scelte: stare con lei significava vivere una dimensione possibile di umanità e coraggio, di abbattimento di stereotipi e di ipocrisie. Il nostro resterà uno degli incontri più luminosi, lucidi e imprevedibili che il teatro mi ha permesso di vivere. Piera in palcoscenico fermava il tempo e le paure: finivi per credere all’immortalità».
Raggiunto telefonicamente, anche Willy Vaira, scrittore di riferimento della comunità Lgbtè, legato all’attrice scomparsa da un legame di solida e profonda amicizia, ne traccia un commosso ritratto. «Voglio ricordare Piera – così Vaira – non solo per la grande artista che è ma per l’amicizia che mi ha regalato in questi anni. Sento ancora la sua allegria contagiosa, che mi accompagnava quando eravamo insieme o la sua voce, bellissima, nelle nostre telegonate. Quando mi chiamava, cioè, per sapere se era venuta bene nei programmi televisivi a cui partecipava. Mi chiedeva consiglio su che sciarpa usare: non usciva mai senza consultarsi con me. Durante la registrazione a Torino della serie televisiva di Campiotti, siamo stati insieme per dieci giorni, lei io e Claudio o Cocco, come lei lo chiamava: aveva già problemi di salute ma minimizzava questo suo stato per non agitarci».
Poi ancora con la voce tremante, rotta dal pianto e dalla commozione: «Tutte le sere a cena ci raccontava un po’ della sua incredibile vita artistica: i grandi attori e registi con cui aveva lavorato, i suoi tanti amici gay che ha sempre adorato. Una sera non riuscivo più ad uscire dall’albergo e lei voleva che dormissi nella sua stanza. Ricordo che un giorno voleva che la accompagnassimo in una sauna gay: era curiosa del mondo Lgbt+ e di tutto ciò che rappresentava. Piera mi spronò anche a finire il libro Diverso sarà lei, che non riuscivo a terminare. Mi raccontò cose bellissime di Lucio Dalla e voleva che andassi con lei a Bologna per incontrarlo, cosa che purtroppo non ho mai fatto. La ringrazierò sempre per tutte le emozioni che mi ha regalato. Grazie a lei ho poi incontrato una persona meravigliosa come Pino Strabioli. Piera lo adorava, si fidava di lui completamente e aveva pienamente ragione. Ricorderò per sempre lo sguardo di Piera quando ci salutava e mi diceva: “A domani mattina” con quel suo sorriso grande come il mondo».