Questo libro non s’ha da pubblicare, né domani né mai. Viene quasi spontaneo associare, parafrasandole, le celebri parole dei bravi manzoniani a don Abbondio con la vicenda editoriale di A Catechism of the Heart dell’ex gesuita Benjamin James Brenkert. Quando nel 2014 lasciò la Compagnia di Gesù dopo nove anni anni di vita religiosa, essendogli chiaro che non gli sarebbe mai stato consentito di diventare sacerdote e vivere il ministero come dichiaratamente omosessuale, l’allora trentaquattrenne di Long Island decise di raccontare la sua esperienza religiosa in una raccolta di memorie. Terminata già nella seconda metà del 2015, l’autobiografia scomoda sarebbe dovuta comparire nel marzo 2016 per i prestigiosi tipi della casa editrice londinese Bloomsbury, come testimoniano le schede descrittive, ancora rintracciabili, per le prevendite sui vari siti di e-commerce.
«Un potente gesuita – dichiara Brenkert a Gaynews – ha fatto pressione su Bloomsbury perché il libro non fosse pubblicato. All’epoca, purtroppo, non avevo un agente che mi tutelasse. E così, nonostante le precedenti e numerose mail di stima affettuosa da parte dell’editore, il libro non è mai stato pubblicato da Bloomsbury. Non ci sono prove dirette della tortuosa interferenza nel mio contratto con Bloomsbury. Ma si sa cosa ha fatto il gesuita e perché l’editore mi abbia lasciato di punto in bianco».
Ampiamente modificato e arricchito di una premessa scritta da Robert Waldron, il libro è stato finalmente edito, lo scorso anno, da Wipf and Stock col titolo A Catechism of the Heart. A Jesuit Missioned to the Laity. In 144 pagine l’autore racconta dell’infanzia e adolescenza in una famiglia cattolica di Valley Stream, della propensione agli studi pedagogici, della vocazione alla vita religiosa e al sacerdozio nella consapevolezza di essere gay ma anche di voler servire pienamente il Signore in povertà, castità e obbedienza. All’età di 25 anni l’ingresso nella Compagnia dopo aver rivelato ai superiori la propria omosessualità. Cosa che – e Brenkert lo ribadisce costantemente –non gli aveva mai creato alcuna preclusione o mancanza di accettazione da parte degli stessi e dei confratelli.
Ma col tempo il religioso si accorge che tale accoglienza, contrariamente a quanto assicuratogli, era subordinata a un back in the closet, a far calare cioè per sempre una cappa di silenzio sulla propria omosessualità. Gli sarebbe stato dunque impossibile presentarsi come gesuita e, meno che mai nel futuro, come sacerdote dichiaratamente gay, sia pur nel pieno rispetto degli impegni assunti a livello celibatario, per poter sostenere pubblicamente le persone Lgbtq e contrastare l’inveterata retorica ecclesiastica contro di esse.
Brenkert s’accorge inoltre che le sue posizioni sul pieno accesso di conviventi omosessuali e divorziati risposati all’Eucaristia sono riprovate. Il punto di svolta è costituito per lui dalla presa d’atto che, nonostante le aperture verbali di Papa Francesco sulle persone Lgbtq a pochi mesi dall’elezione, nulla è mutato nella Chiesa. Anzi, soprattutto negli Stati Uniti, viene a intensificarsi la stagione dei licenziamenti delle stesse da impieghi o volontariato in strutture cattoliche. Capisce, insomma, che il cambiare la Chiesa dall’interno è una mera utopia.
Nella seconda metà del 2013 il gesuita ha iniziato gli studi di teologia presso la School of Teology and Ministry del Boston College: è nella città del Massachusetts che ha modo di conoscere meglio il cammino d’inclusione della Chiesa episcopaliana. La decisione di abbandonare la Compagnia viene presa nel 2014 durante la messa della Veglia pasquale, cui partecipa nella chiesa bostoniana di St. Ignatius of Loyola, e comunicata ai confratelli della comunità in cui vive con una lettera del 3 giugno. Il 16 luglio di quell’anno la firma formale della documentazione per le dimissioni dalla Compagnia. Il 22 agosto, infine, la lettera aperta a Papa Francesco che, comparsa originariamente sul sito di New Ways Ministry, ha un’ampia eco con la pubblicazione su HuffPost. «Le chiedo – così in un passaggio – di incaricare la Conferenza episcopale statunitense di ordinare alle istituzioni cattoliche di non licenziare più cattolici Lgbtq. Le chiedo di parlare contro le leggi che criminalizzano e opprimono le persone Lgbtq in tutto il mondo. Queste azioni darebbero piena attuazione alla sua affermazione: Chi sono io per giudicare?».
Aiutato economicamente dalla parrocchia episcopaliana di St. Luke in the Fields a New York (la storica comunità di Greenwich Village, impegnata nell’assistenza delle persone sieropositive dal 1987 e co-organizzatrice dell’annuale parata del Pride), dove trova un momentaneo impiego nei mesi antecedenti l’uscita dalla Compagnia, Brenkert viene accolto nella Comunione anglicana, di cui la Chiesa episcopale è parte, alla vigilia di Pasqua del 2015. Negli anni successivi Brenkert scrive per The Daily Beast e pubblica contributi su The Washington Post, The New York Daily News, The Hill, Huffington Post.
Quest’anno, infine, due traguardi importanti: il matrimonio col compagno William, celebrato il 6 marzo presso la parrocchia episcopaliana di St. Mark nel sobborgo newyorkese di Jackson Heights, e il dottorato in Scienze dell’educazione presso il Teachers College della Columbia University con una tesi sulla filosofia pedagogica di sant’Ignazio di Loyola e il progresso umano. Adesso Benjamin Brenkert ha un grande sogno da realizzare: diventare sacerdote nella Chiesa episcopaliana, dove il ministero ordinato è accessibile a lesbiche, transgender e gay dichiarati.