40 anni fa iniziava con l’esperienza di Capo Rizzuto (Kr) la stagione dei gay camping italiani grazie all’idea e all’impegno di Felix Cossolo. Per celebrare un anniversario così significativo lo storico attivista pugliese, trapiantato da decenni a Milano dove dirige l’After Line, ha deciso di organizzare un evento in Romagna tra maggio e giugno 2020.
Lo abbiamo perciò raggiunto telefonicamente, per saperne qualcosa di più
Felix, ricorre quest’anno il 40° anniversario del primo gay camp. Puoi ricostruirne data, contesto, motivazioni, obiettivi?
Tutto nacque con la pubblicizzazione e partecipazione a un raduno estivo, organizzato da una associazione greca nel 1978. L’appuntamento era a Zante all’inizio di agosto. Io lo pubblicizzai tramite il bollettino Lambda, che allora editavo e dirigevo, ed anche attraverso i quotidiani della sinistra rivoluzionaria: Lotta Continua, Il Manifesto, Il Quotidiano dei Lavoratori.
Il gruppo di italiani, che doveva prendere il traghetto a Brindisi per la Grecia, apprese che a Zante la popolazione era in fermento e temevamo problemi di ordine pubblico. Per cui gli organizzatori avevano deciso per un’altra località ma nel Pelopponeso. Un centinaio di checche ‘pazze’ europee fu costretta a peregrinare per l’intera Grecia, per terminare l’odissea a Paros, dove riuscimmo finalmente ad ottenere situazioni meno ostili. Proprio lì conobbi Ivan Teobaldelli, con cui fondammo nel 1982 Babilonia, e, sempre in Grecia, partecipò al raduno anche Gianni Delle Foglie, che successivamente gestì la libreria Babele, la prima gay in Italia, che avevo aperto a Milano nel 1987. Tra i partecipanti al gay camp si saldò una forte amicizia: per questo decisi di ripetere l’iniziativa in Italia in un posto più accogliente e, precisamente nell’agosto del 1979, a Capo Rizzuto, in Calabria, in un camping desolato ma isolato per cui potemmo praticare il nudismo.
A Capo Rizzuto furono un migliaio i partecipanti provenienti da tutta Europa. Per la prima volta la Rai fece un servizio su un’iniziativa gay e, sempre per la prima volta, fummo ospitati a una festa dell’Unità, in questo caso nella villa comunale di Crotone. L’anno successivo venne ripresa l’iniziativa sempre a Capo Rizzuto e il tutto fu documentato in un libro edito da Gamma Libri, Cercando il paradiso perduto, a cura del sottoscritto e di Ivan Teobaldelli.
Il 1979 fu anche l’anno della grande manifestazione pisana ” contro la violenza sugli uomini e sulle donne omosessuali”. C’è un collegamento con quell’evento?
A Capo Rizzuto c’era anche il mio amico Andrea Pini di origini spezzine ma che studiava a Pisa. Proprio lui, assieme ad altri amici del collettivo pisano Orfeo, indisse una manifestazione nazionale a Pisa a novembre, qualche mese dopo il gay camp. C’era un collegamento, perché molti dei partecipanti erano stati anche a Capo Rizzuto, dove si era creato un embrione di movimento molto entusiasta ed accanito che girovagava per l’Italia creando iniziative, gruppi e amicizie consolidate.
Quali furono i protagonisti del 1° gay camp?
Una foto storica ritrae il sottoscritto che passeggia sulla spiaggia di Capo Rizzuto con Nichi Vendola e il sindacalista trentino Terzo Molari. Tra gli altri si misero in evidenza molti personaggi: in primo luogo l’attore Ciro Cascina, poi Mauro Coruzzi (ora Platinette), il costumista Carlo Poggioli, e tanti personaggi quali Valery Taccarelli, Carmelina ‘a seggiara, Robertina, la Tina, Luciano Parisi, Luigi Amodio, Mauro Caruso, Serafino, Lele e Tonino, Giorgio Fornari, Giovanni Rodella, Isabella, Porpora Marcasciano, Marco Sanna e tanti altri con i quali sono in.contatto ancora oggi.
Come si evolsero i gay camping negli anni successivi e quali gli apporti sul piano politico?
Se il primo anno eravamo ‘poveri e belli’ e dormivamo nei sacchi a pelo sotto le stelle, successivamente trovammo strutture più attrezzate con bungalow, piscina e tutti i confort. Tra le varie iniziative c’erano sempre i momenti pubblici, che coinvolgevano la cittadinanza sia nelle piazze che nelle discoteche. Il campeggio era una iniziativa divertente ma molto provocatoria che vedeva la partecipazione dell’intero paese, soprattutto dei maschietti locali (Vieste, Rodi Garganico, Ortona, Porto S. Elpidio…), i mass media, la popolazione e i turisti. C’erano tanti eventi, quali la caccia al tesoro, le olimpiadi, le processioni, i matrimoni e le performance spettacolari. Come direbbe Porpora, eravamo FAVOLOSI.
Perché, a tuo parere, una tale esperienza ebbe a finire? E quale l’insegnamento al movimento di oggi?
Decisi di fermarmi e passare la mano all’Arcigay e a Franco Grillini, che aveva per la prima volta partecipato al gay camp di Vieste nel 1982 con Vanni Piccolo e altre nuove leve, che successivamente si sono distinte per il loro impegno e militanza nel movimento. Era iniziato il dibattito sull’epidemia dell’Aids: molti ci vedevano come untori e noi dovevamo rispondere a tono con iniziative e manifestazioni. Non era più una vacanza ma una lotta continua, non era più divertente e lo spirito e la creatività dei primi raduni rischiava di venir meno. In tempo quindi rinunciai all’organizzazione dei successivi campeggi. Oggi a mio avviso un’iniziativa del genere è irripetibile. Però si potrebbero trovare altre idee coinvolgenti oltre ai Pride e ai Village. Ma lasciamo spazio alla nuova generazione.
Che cosa stai organizzando per ricordare un tale anniversario?
La mia idea, e spero con l’aiuto dei miei amici di sempre (Andrea Pini, Porpora Marcasciano, Franco Grillini, Mauro Caruso, Giovanni Rodella, Vanni Piccolo e tanti altri), è di ritrovarci il prossimo anno, verso maggio/giugno in una località della Romagna, probabilmente Riccione, in un hotel per festeggiare, ritrovarsi, discutere, con una serie di iniziative quali una mostra fotografica, un dibattito/convegno, riproporre la cerimonia dei matrimoni e magari uno spettacolo di Ciro Cascina.
Anzi, faccio un appello a lettori e lettrici di Gaynews, per aiutarci a trovare una location e, soprattutto, a iscriversi al gruppo Fb Partecipanti gay camp anni’ 70 e ’80.