Si è tenuta a Budapest, lo scorso 8 dicembre, la Conferenza conclusiva del progetto Outsport contro l’omofobia e la transfobia nello sport. Coordinato dall’Associazione Italiana Cultura e Sport (Aics), il progetto si è snodato nel corso di tre anni a partire dal 2017 con il sostegno della Commissione Europea e ha avuto come partner chiave la German Sport University di Colonia, che ha curato la parte scientifica e di ricerca, insieme con altre associazioni di Scozia, Austria e Ungheria.
Ad accogliere i partecipanti il neo sindaco del VII° distretto della capitale ungherese, Péter Niederműller, che ci ha tenuto a ringraziare personalmente per l’impegno profuso e rivolto parole non di circostanza sul contrasto all’omofobia e alla transfobia in un contesto complesso come quello ungherese.
Contraddizioni e difficoltà, che sono state peraltro ribadite, a nome dell’associazione Frigo, da Gabor Laszlo, che nel suo intervento ha sottolineato come l’Ungheria sia stato uno dei primi Paesi del blocco ex sovietico a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso e a poter ospitare un Pride sicuro. Ma che, allo stesso tempo, tante conquiste sono state messe in discussione negli anni della presidenza Orban, che ha voluto, tra i primi, l’introduzione della dicitura costituzionale del matrimonio esclusivamente come “unione di un uomo e di una donna”. Un Paese in cui – a confermarlo anche i dati della ricerca curata dalla German Sport University su omo-transfobia nello sport – il livello di discriminazione nello sport è percepito come più grave che nel resto dell’Unione Europea e il coming out è ancora un’eccezione rarissima.
In apertura dei lavori, inoltre, l’importante intervento di Marisa Fernández Esteban. La responsabile dell’Unità Sport dellaCommissione Europea ha ringraziato personalmente lo staff di Outsport per il notevole apporto sia nel campo della ricerca con la prima indagine a livello di Unione Europea sull’esperienza delle persone Lgbti nello sport, sia a livello pedagogico sulla funzione educative, di inclusione e contrasto alle discriminazioni che lo sport può avere. «Progetti come Outsport – ha detto Esteban – che puntano a contrastare omofobia e transfobia nello sport attraverso la ricerca scientifica, la comunicazione e la formazione, ci aiutano a creare società più inclusive e resilienti».
Durante la Conferenza sono stati quindi presentati in dettaglio i risultati della ricerca: oltre 5.500 partecipanti al questionario dai 28 paesi Ue, che hanno per la prima volta raccontato l’esperienza diretta delle persone Lgbti nello sport. Per oltre il 90% dei rispondenti l’omofobia e la transfobia nello sport sono un problema attuale. Circa il 20% ha rinunciato a praticare una disciplina sportiva a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere; il 16% di chi ancora pratica sport denuncia di aver subito un atto di discriminazione omo-transfobico negli ultimi 12 mesi. Percentuale al 46% per le donne trans che, stando ai dati, risultano essere le più discriminate e a rischio nell’ambiente sportivo.
Importante anche che la maggior parte delle persone non denuncia quanto subito o visto e molti non saprebbero neppure a chi rivolgersi. Sorprende che episodi discriminatori siano segnalati persino da chi pratica all’interno di organizzazioni sportive Lgbti. La ricerca ha anche sviluppato dei focus specifici con opuscoli dettagliati per ciascuno dei cinque Paesi del progetto, tra cui l’Italia, disponibili assieme a tutto l’altro materiale prodotto e al report completo della ricerca sul sito www.ou-sport.eu.
Sul piano dei risultati progettuali altro importante strumento realizzato è il manuale di formazione per educatori, allenatori, insegnanti di educazione fisica e dirigenti sportivi che, basandosi sulla metodologia dell’Educazione non formale attraverso lo sport, offre alcuni consigli ed esercizi pratici per utilizzare le enormi potenzialità della pratica sportiva come strumento di inclusione e di contrasto alle discriminazioni, agli stereotipi e alle violenze fondate su identità di genere e orientamento sessuale.
Infine, il coordinatore del progetto Rosario Coco ci ha tenuto a sottolineare fortemente l’importanza anche politica di Outsport, perché proprio sulla base dei risultati della ricerca e di tre anni di impegno sul fronte della comunicazione ed educativo è stato possibile formulare delle importanti raccomandazioni per il contrasto alle discriminazioni rivolte alle autorità e alle istituzioni sportive sia sia comunitarie. In particolare tutti i partner di Outsport hanno concordato nel raccomandare al Working Party on Sport del Consiglio dell’Unione Europea l’inclusione esplicita delle questioni relative alle persone Lgbti e alla discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere nel prossimo Piano europeo per lo Sport, impegnandosi nel dialogo con tutte le istituzioni, associazioni e ong coinvolte sul tema.
Per Coco, «immediatamente dopo i risultati di questo progetto, queste raccomandazioni sono una sfida politica chiave per produrre un impatto concreto sulle politiche dello sport in Europa a tutti i livelli dalle organizzazioni amatoriali alla pratica professionistica».