Cofondatore di Gaypost, blogger per Il Fatto Quotidiano, scrittore e attivista, Dario Accolla è una di quelle persone che sa attirare consensi entusiasti e, al contempo, contestazioni violente. Colpa o merito d’un ingegno vivace, d’un temperamento passionale e d’uno stile scrittorio improntato a ironia (talora sapientemente caustica) che lo pongono sempre controcorrente. Da qualche settimana è stato pubblicato per i tipi catanesi della Villaggio Maori il suo ultimo libro Il gender: la stesura definitiva. Tutto quello che ancora non sai dell’ideologia che farà di tuo figlio un gay, che sarà presentato nel pomeriggio di oggi presso l’università romana La Sapienza.
Gaynews l’ha intervistato per saperne di più
Com’è nata l’idea di scrivere un volume sull’ideologia gender?
Ne parlavano tutti. Ognuno diceva la sua. Mi sono detto, allora, perché non io? Tra chi ti dice che si insegna ai bambini che cambiar sesso è facile come cambiare i calzini, la mattina, prima di uscire di casa e chi vuole omosessualizzare gli adolescenti facendogli vedere Youporn in aula, ho ritenuto opportuno chiudere la questione con la versione definitiva dell’ideologia “gender”.
Il gender: la stesura definitiva. Qual è il genuino significato del titolo?
Il significato intrinseco sta nel sottotitolo: Tutto quello che ancora non sai sull’ideologia che farà di tuo figlio un gay. È questo che certa gente vuole sentirsi dire? E allora li accontento. Faremo in modo che i loro figli vadano a letto avendo come modello maschi alfa quali Bud Spencer e si sveglieranno credendo di essere Cher. Quella dei tempi di Believe, per intenderci.
Dal sottotitolo si comprende che il volume si pone a mezza via tra il saggio e la parodia. Perché a tuo parere è utile trattare simili argomenti con ironia?
Scherzi a parte, il libro si divide in due sezioni. La prima parte è più dissacrante, quasi comica. La seconda parte riguarda invece la vita di tutti i giorni, investe la declinazione del termine “gender” rispetto a quegli aspetti che riguardano l’agire dell’individuo nella sfera sociale, dal rapporto con la chiesa alla scuola, dalla sessualità all’identità. Mi sono posto, insomma, di fronte a due questioni. Si può affrontare con serietà il fantasma creato ad arte che viene chiamato “gender”? No di certo. E allora di quel castello di mistificazioni è meglio ridere. La vita delle persone, invece, va trattata in modo opposto a come è stato fatto da coloro che sono scesi in piazza per i vari family day: con rispetto e dicendo le cose come stanno. E così la seconda parte è più politica, ma anche più intimista. Ho voluto, in altri termini, fare un’opera “satirica” nel senso più vero del termine.
Dalla tua analisi emerge il ruolo fortemente primario della Chiesa nell’agitare lo spettro dell’ideologia gender. È frutto d’ignoranza o sussistono secondo te altri motivi?
Quando c’è di mezzo la chiesa l’ignoranza è solo un effetto collaterale. Diciamo che c’è stata una volontà di confondere le acque. Tutta la questione del gender altro non è che una strenua resistenza a un cambiamento sociale di portata più ampia che sta mettendo in discussione il modello patriarcale. La chiesa, che di quel modello è emanazione, non può far altro che opporsi, per garantire la propria sopravvivenza. E lo fa con gli strumenti che conosce meglio: la promessa della dannazione. Se per le anime è previsto l’inferno, per la vita terrena c’è il “gender” se vai “fuori norma”. Poi l’ignoranza dell’interlocutore fa il resto e rende la cosa appetibile. Addirittura credibile.
Secondo Bergoglio il gender sarebbe uno dei mezzi di colonizzazione ideologica, termine ombrello sotto cui si fanno ricadere tutte le istanze del movimento nonché questioni come la gpa. Quale il tuo parere? E non trovi strano che sulla questione della gpa si trovino d’accordo ex attivisti, qualche associazione e femministe della differenza, i cui contributi sono pubblicati su giornali come L’Avvenire?
Su Bergoglio: trovo preoccupante – per non dire triste – che il capo della chiesa si sia prestato a questa mistificazione. Sul resto della domanda: mi sembra che stiamo parlando del nulla. Evidentemente su Avvenire avevano spazi vuoti da riempire.
Dario, ma insomma perché consigli di leggere Il gender?
Perché devo diventare ricco. E per capire che quello che chiamano “gender” altro non è che un riflesso della libertà di voler essere ciò che si sente davvero, senza pervertire la natura di nessuno, contrariamente a quello che ti vogliono far credere. (Sì, lo so, tra le due risposte avrei dovuto dire “scherzi a parte”, ma il fatto è che voglio davvero diventare ricco).
Alla fine non è che si correrà il rischio di essere tutti genderizzati?
Certo. Come si correrà il rischio di essere avvelenati dalle scie chimiche o di diventare autistici se ti fai vaccinare. O, ancora, c’è davvero il rischio di svegliarsi e voler essere gay esattamente come chiunque, la mattina, si sveglia sentendo l’irrefrenabile istinto di cantare The shoop shoop song, credendo davvero di essere Cher.