Il 5 dicembre, all’antivigilia del congresso annuale del Partito Keadilan Rakyat (Pkr), di cui è presidente, il deputato Anwar Ibrahim ha negato di aver aggredito sessualmente il suo ex collaboratore Muhammed Yusoff Rawther. L’ex vice primo ministro della Malaysia ha liquidato quale motivata dalla «peggiore politica» l’accusa avanzata, mercoledì, dallo stesso Rawther, che ha dichiarato come il deputato avesse provato a costringerlo ad avere un rapporto sessuale.
Ministro più volte tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, Anwar, fin da giovane, ha militato all’interno di movimenti non violenti, lavorando successivamente presso l’Unesco e il Fondo Monetario Internazionale.
In passato il presidente del Pkr e leader della coalizione politica Pakatan Harapan (Ph) è stato già accusato due volte per sodomia. La prima volta nel 2000 quando, dopo la condanna a sei anni di carcere nel 1999 per corruzione, fu ritenuto colpevole di atti omosessuali con pena di nove anni supplementari. Condanna che fu annullata nel 2004 dalla Corte federale.
Accusato nuovamente di sodomia nel 2008, fu condannato in via definitiva il 10 febbraio 2015 a cinque anni di prigione ma liberato, il 16 maggio 2018, su domanda del nuovo primo ministro Mahathir Mohamad.
Anwar e i suoi sostenitori hanno sempre sostenuto che le accuse di corruzione e, soprattutto, di omosessualità fossero finalizzate a porre fine alla sua carriera politica.
«Ne ho sentito parlare un mese fa. Non è una novità: tentano di influenzare e corrompere o altro. Ma questa è la peggiore politica – ha dichiarato giovedì il presidente del Pkr –. Tanto più che il nostro congresso è tra due giorni». Parole che vanno considerate alla luce della faida interna tra Anwar e il vice-presidente di partito nonché attuale ministro dell’Economia Mohamed Azmin Ali.
Azmin in realtà era stato già al centro, in giugno, di un ulteriore scandalo legato ad alcuni video che, circolati tra politici e giornalisti, lo mostrerebbero mentre fa sesso con un altro uomo. Anche allora ha negato categoricamente.
In Malaysia, paese di oltre 32 milioni di abitanti a maggioranza musulmana, i rapporti tra persone dello stesso sesso sono puniti con una pena detentiva fino a 20 anni di prigione e pubblica fustigazione.
Questo forse spiega perché, al di là di tutte le accuse, Anwar abbia sempre avuto sul tema omosessualità una posizione anfibola. In un’intervista al Wall Street Journal del 2013 Anwar, nel dirsi contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso, aveva però al contempo ribadito come le leggi malesi sulla sodomia dovessero essere modificate in quanto arcaiche.