Si è tenuto ieri alla Camera dei deputati il convegno Per la dignità delle persone. Contro la violenza omotransfobica, voluto e organizzato dal parlamentare Alessandro Zan, relatore della specifica legge, il cui iter è iniziato il 24 ottobre in Commissione Giustizia.
Il meeting, che ha visto la partecipazione del segretario del Pd Nicola Zingaretti e del capogruppo alla Camera Graziano Del Rio, si è caratterizzato per le riflessioni di esponenti del mondo accademico, politico e associazionistico.
Tra le persone partecipanti anche l’intellettuale lesbica Paola Guazzo, collaboratrice de La Falla e de Il Manifesto, nonché una delle quattro organizzatrici di Lesbicx 2.
Pubblichiamo di seguito il testo del suo intervento, che non è stato letto al convegno per mancanza di tempo:
Faccio parte di Lesbicx, un tentativo nazionale collettivo di ricostruzione del movimento lesbico in senso aperto anche alle istanze delle persone migranti, trans e disabili.
Non sono qui, tuttavia, come portavoce diretta di Lesbicx, essendo la nostra rete ancora in fieri e non strutturata come un soggetto politico associazionistico convenzionale. Vorrei portare comunque un punto di vista lesbico e colmare in parte una scarsa rappresentanza nel dialogo politico che spero possa essere superata in futuro.
Sono a favore del progetto di una legge sull’omotransfobia e lo sono anche a prescindere da considerazioni nel merito delle proposte specifiche. Nominare “identità di genere” e “orientamento sessuale” in una legge sarebbe a mio avviso un passo molto significativo. Nominare in una legge è legare i cittadini e le cittadine a un patto sociale di rispetto. Un segnale giuridico in questo senso è indispensabile e non rimandabile.
Ritengo tuttavia necessario guardare più in profondità le problematiche che ci troviamo ad affrontare. Nel caso specifico della lesbofobia è a mio avviso palese il fatto che si intersechino altri fattori: il sessismo e la violenza contro le donne.
Cosa accade a una donna che mostra la sua indipendenza anche sessuale? Cosa accade a una lesbica?
Voglio accennare al caso di Elisa Pomarelli, nel quale l’ipotetico movente che sia stata uccisa perché lesbica e refrattaria a una “correzione” nel senso dell’eterosessualità obbligatoria ha trovato scarsa eco mediatica e politica, ad eccezione del quotidiano Gaynews e poco altro, come non l’ha trovata il termine “lesbofobia”. Eppure la lesbofobia è un fattore psicosociale abbastanza evidente, e riguarda molti uomini e donne nel nostro paese.
Meglio non dire, meglio non nominarla nemmeno, la parola “lesbica”? Cosa vivono le innominabili? Un’esistenza censurata e occulta oppure una visibilità conquistata nel pericolo, segnata dallo stigma, fra difficoltà sociali, familiari e anche lavorative? Non è la difficoltà indotta forzosamente nelle nostre esistenze la prima forma di lesbofobia?
Le botte e gli insulti dopo il coming out, i ricatti e in alcuni casi anche le ferite se non i lesbicidi troveranno una risposta legislativa? Chi è stata cacciata di casa per il solo motivo del proprio lesbismo troverà una risposta sociale decente alle sue necessità materiali e psichiche?
Molte di noi hanno scelto di non aver paura e di dichiararsi, di vivere la propria vita affettiva e sessuale senza rifugiarsi nell’ombra. Chiediamo alla buona politica di seguire i nostri passi. Sono qui per rivendicare il diritto a un’esistenza piena e garantita da parte delle lesbiche.
Forse il semplice parlare di “orientamento sessuale” e “identità di genere” non è sufficiente ma segna comunque l’apertura di un fronte legislativo. Sarà compito di una nuova interazione tra politica e movimento provocare l’accesso alla nominabilità e all’attenzione politica e legislativa i numerosi problemi sociali delle lesbiche nel nostro paese, e includo fra esse anche le richiedenti asilo, le migranti, le italiane di prima o seconda generazione, nonché le adolescenti senza cittadinanza alle quali Lesbicx sta cercando di dare voce.
“Non era previsto che sopravvivessimo”, ha detto la la voce della poeta afroamericana Audre Lorde. La conquista dell’uguaglianza ci appare lontanissima, ma pervicacemente crediamo nell’importanza dei primi passi.