Vittorio Sgarbi l’aveva preannunciato da tempo e l’ha fatto. Revocata la delega di vicesindaco di Sutri (Vt) a Felice Casini della coalizione di centrodestra, ha nominato, il 4 dicembre, a tale incarico l’ex avversario alle amministrative dell’11 giugno 2018, il dem Lillo Di Mauro.
Una maggioranza, quella che aveva portato Sgarbi ad aggiudicarsi il ruolo di primo cittadino, sfattasi da sola secondo lo stesso critico d’arte. «Volevano fare gli assessori a turno – così ha spiegato in un’intervista del 12 dicembre al Corriere della Sera –. A me non andava bene. Alcuni si sono dimessi. Non c’era più la maggioranza. E il più riottoso, il cognato di Casini, Matteo Amori, ha sfiduciato per me, per sfiduciare il cognato. E andando via lui la maggioranza si è sfatta».
Ma per Sgarbi non c’è stato nessun ribaltone con la nomina di Di Mauro e nessuna alleanza col Pd ma unicamente «con il mio ex avversario, un poeta omosessuale di grande sensibilità. Ci siamo ritrovati da subito nell’amore per la bellezza, per l’amore per Pasolini».
Classe 1955, sutrino di nascita e attivista della prima ora del movimento Lgbti italiano, Lillo Di Mauro ha pubblicato raccolte in versi di pregio come Gabbie. Interni omosessuali e Briciole di terra. Di-versi amori.
L’abbiamo raggiunto nella sua casa di Sutri, dove è tornato a vivere dal 1982, per sapere qualcosa di più di quanto successo a livello amministrativo in dicembe e riannodare i fili della memoria sul movimento italiano delle origini.
Un intellettuale e poeta che diventa vicesindaco di Sutri: come concila le due cose?
Io credo che una città si amministri bene con il sapere e l’amore. Il sapere è frutto dello studio e della lettura, l’amore è l’espressione della sensibilità. Grazie alla sensibilità si può meglio comprendere lo spirito umano, i sentimenti delle persone, le loro sofferenze, i loro problemi, le loro esigenze: la conoscenza consente di risolverli. Il mio è un bagaglio culturale che mi sono creato, non solo attraverso i libri, ma anche grazie all’esperienza maturata in oltre 30 anni di volontario e di operatore sociale. Ho dedicato la mia vita ai più deboli e soli. Sono impegnato per i diritti delle persone detenute, prestando particolare attenzione ai loro figli e figlie, ai giovani che compiono reati, ai giovani immigrati.
Da oppositore di Sgarbi alle scorse amministrative a suo alleato: che cosa è avvenuto?
Ho avuto l’opportunità di conoscere lo Sgarbi non televisivo, lo Sgarbi uomo sensibile alla tutela dell’ambiente, alla difesa del territorio dall’urbanizzazione selvaggia, attento ai diritti umani, grande conoscitore dell’arte e fine intellettuale, promotore di cultura e di bellezza: tutti temi, questi, che appartengono al mio vissuto, che rientrano appieno nel programma elettorale della mia lista. Un uomo che ha mantenuto la sua promessa di promuovere la mia città, farla conoscere per le sue meraviglie architettoniche, le vestigia della nostra antica cultura. Ha realizzato, in breve tempo, due mostre degne di musei di grandi città, ha fatto rientrare Sutri tra i cento borghi più belli d’Italia, ha organizzato conferenze con i più noti intellettuali italiani: siamo stati il primo comune d’Italia a conferire la cittadinanza onoraria a Mimmo Lucano e, nonostante fossi il capo della sua opposizione, ha sempre valorizzato e sostenuto le mie idee e proposte amministrative facendole approvare in Consiglio comunale. Ha anche apprezzato la mia persona e la mia poesia e voluto che contribuissi ai cataloghi delle mostre.
Quando alcuni suoi alleati lo hanno messo in minoranza, egli si è rivolto a noi per valutare la possibilità di dare una svolta alla sua azione amministrativa assolutamente innovativa per la nostra città. Un’azione che aveva iniziato a mettere a nudo i provincialismi e le modalità familistico-clientelari, che caratterizzavano la politica locale contro cui mi ero candidato. Con i consiglieri della lista a cui appartengo, dopo aver consultato molti nostri elettori, abbiamo ritenuto che questo processo di rinnovamento non dovesse essere interrotto, ma alimentato e sostenuto. Tra le fila dei nostri sostenitori e di alcuni, che appartenevano alla precedente maggioranza, non tutti sono stati d’accordo. Ciò nonostante, abbiamo voluto assumerci questa responsabilità politica con l’obiettivo di raggiungere risultati importanti nei tre anni di consiliatura che rimangono.
L’attivismo è stato un tratto caratteristico del suo impegno: può raccontare com’è nata e si è strutturata Arcigay Roma e quali i rapporti col Mieli?
Il mio attivismo nasce già quando ero bambino, un bambino di appena otto anni che dopo essere stato usato da ragazzi più grandi e aver scoperto prematuramente la sua sessualità, ha dovuto difendersi dallo scherno e dalle derisioni dei sui compaesani, senza poter contare sull’aiuto di nessuno nemmeno dei suoi genitori, troppo anziani e distanti, rifugiandosi nella lettura e nella scrittura dei primi acerbi versi. Un bambino cresciuto in fretta, che dopo le medie viene mandato a studiare a Roma, la Roma dei primi anni ’70 in pieno fermento culturale e sociale. A 15 anni mi sono innamorato per la prima volta di un mio compagno delle superiori che mi rifiutava e per il quale ho tentato il suicidio. A 17, per caso, ho conosciuto il mio primo fidanzato che studiava lettere e filosofia alla Sapienza e con il quale ho frequentato i primi locali gay della città: il Saint James a Porta Pinciana, il Superstar e, poi, i circoli del movimento gay romano, Fuori! e Narciso, dalla cui fusione nacque il Circolo Mario Mieli.
Franco mi fece conoscere un mondo che credevo inesistente: cominciai così a frequentare l’ambiente gay. Quando dopo due anni di passione ci lasciammo, ho incontrato Dominot, grazie al quale ho partecipato a molti spettacoli di teatro d’avanguardia en travesti al Convento Occupato, tra cui Il sogno preso per la coda, tratto da García Lorca in omaggio a Pier Paolo Pasolini, subito dopo il suo assassinio). Iniziò la frequentazione con il mondo intellettuale e artistico di allora: Dario Bellezza, Elio Pecora, Corrado Levi. A partire dalla fine degli anni ’70 nacquero locali notturni come l’Angelo Azzurro per le persone transgender, il Superstar, l’Easy Going, l’Alibi (che al piano superiore ospitava un piccolo teatro), il bar Garofano Verde, e poi le riviste Babilonia, Sodoma. Poi, l’incontro con Marco Sanna, Francesco Gnerre, Vanni Piccolo, Andrea Pini, Felix Cossolo, Beppe Ramina, Franco Grillini, Porporina (Porpora Marcasciano), fondatori e rappresentanti di quello che allora veniva chiamato movimento di liberazione omosessuale, con Marco Mattolini, Giovanni Forti, Marco Bisceglia, Nacque l’associazione Arcipelago Gay in via Beccaria, in una stanza messa a disposizione dall’Arci, dove allora militava come obiettore di coscienza Niky Vendola. Mattolini organizzò, al teatro Colosseo, lo spettacolo Ai miei amici omosessuali, dove dieci donne di spettacolo dedicavano un monologo ai gay, la rassegna teatrale Amici, amanti, complici, la lettura delle lettere degli omosessuali al confino.
Io ero tra loro, a modo mio, con le prime pubblicazioni di sillogi poetiche. Ho partecipato e mi sono impegnato nel movimento senza assumere ruoli, che non mi interessavano. Con queste persone si è sviluppato un rapporto di amicizia e di affetto: diventammo amici e insieme, ancora oggi, ci incontriamo e continuiamo a essere presenti. Alcuni di loro purtroppo non ci sono più: ricordo il dolore per la morte del caro amico Marco Sanna e poi di Alessandro Vitali e altri. Attualmente sono socio del Mieli. Collaboro inoltre, sempre a modo mio, al gruppo senior Agapanto, nato da una idea di Nicola Di Pietro, a cui partecipano, tra gli altri, Francesco Gnerre e Andrea Pini. Sono inoltre il presidente della cooperativa fondata dal Mieli per l’assistenza domiciliare ai malati di Aids.
Ha conosciuto don Marco Bisceglia: che cosa ricorda di lui e quale il suo messaggio alle generazioni Lgbti contemporanee?
Marco era un uomo di spirito, buono, gentile, carismatico e potente nella determinazione e nel messaggio che divulgava girando l’Italia. Partito dalla Basilicata approdò a Palermo, poi a Napoli, a Roma, infine a Bologna. Lo conobbi con Francesco Gnerre, Sandro Bartolucci, Andrea Pini. Un uomo semplice, all’apparenza dimesso, ma con una carica umana unica: non rivendicava ma divulgava un messaggio di uguaglianza e di fraternità fra generi diversi. Era un messaggio di pace che raggiungeva facilmente i cuori. Era consapevole della necessità di organizzare un movimento che superasse i localismi, pur nel rispetto delle realtà storiche locali, come il Mieli a Roma, da poco fondato grazie a Vanni Piccolo e Marco Sanna, o il Cassero a Bologna. Grazie a lui e, poi, a Franco Grillini è nato l’Arcigay nazionale. Poi scomparve dalla scena: si ritirò in preghiera per prepararsi alla morte imminente. Nutriva un profondo affetto nei miei confronti e io lo tengo nel cuore. Ha dovuto affrontare mille difficoltà nel suo impegno per affermare i diritti delle persone Lgbti: è stato a lungo un sacerdote sospeso a divinis e ci ha lasciato il messaggio di quanto sia necessario divulgare con amore il valore delle differenze.
Come valuta il movimento odierno Lgbti di oggi e che cosa dovrebbe recuperare dell’attivismo del passato?
Non amo giudicare chi si impegna. Ma vorrei che venissero messi da parte personalismi, egocentrismi, arrivismi e si pensasse di più a raggiungere obiettivi comuni che possano avere ricadute positive sulla vita di molti. Non abbiamo ancora raggiunto la parità di genere, i nostri diritti sono calpestati, si vivono ancora discriminazioni, c’è una recrudescenza della violenza. Lo pseudo-riconoscimento delle unioni civili non è matrimonio egalitario: non possiamo adottare figli, abbiamo ancora bisogno di certificazioni perché negli ospedali vengano riconosciuti i nostri partner come familiari. C’è tanto da fare, forse ancora tutto. Ritengo prioritario diffondere la cultura Lgbti attraverso iniziative capillari nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle case della gente. Noi dobbiamo aiutare le persone a non avere paura della diversità. Nel 1982 sono ritornato a vivere a Sutri, dopo anni di assenza, e sono stato il primo a convivere con un uomo. Non ho mai nascosto il mio orientamento sessuale ma l’ho sempre fatto con estrema naturalezza: ho vissuto una vita vicino alle persone e ho dato il mio contributo sociale attraverso l’impegno. I miei concittadini, prima titubanti, hanno imparato a rispettarmi, a volermi bene, a stimarmi al punto che alle ultime elezioni, nonostante avessi come avversario un personaggio pubblico come Vittorio Sgarbi, mi sono affermato con il 43% dei consensi. Ciò dimostra che, se vogliamo ottenere risultati, bisogna aiutare le persone a capire e a educare le nuove generazioni. Le lotte contro le discriminazioni devono passare attraverso l’educazione, i libri di scuola.
Se dovesse racchiudere la sua vita in alcuni versi, quali indicherebbe?
Eccomi nudo a raccontarmi ancora/per rompere la coltre silenziosa/stesa sul mondo dal perbenismo ipocrita. Lande di nubi mi sovrastano/mentre percorro strade/che sanno di profumi famigliari,/di mortale dignità che esala/dai panni stesi e dalle poche luci/che traspaiono dagli appannati vetri./Smorire in questa palude/di pudore violento e quieto,/che nasconde l’impudicizia nelle pieghe dei vestiti/sporchi da eiaculazioni e baci, che il diverso fa sentire un’impura traccia umana.
O, anche:
Ossessioni che hanno lo stesso rosso dei gerani,/si affacciano eleganti dai balconi/sul raso capo d’un confuso adolescente;/Amore sensuale, impuro ed ebbro/come il peccato, quando accade;/Il sole brezza vibra, molle,/sulle ricolme curve del giovane incontrato/in quel pomeriggio placido,/ignara della sera, la sua stupenda forma.