Il 20 gennaio la 22enne Aminat Lorsanova ha presentato denuncia al Comitato investigativo della Federazione Russa per essere stata torturata e internata con la forza in Cecenia.
La donna bisessuale, che nell’aprile 2019 è fuggita all’estero grazie a Russian Lgbt Netwok, ha accusato i genitori, un esorcista che «ha cercato di cacciare i jinn» e il personale della clinica psichiatrica Boyev a Grozny.
Aminat ha dichiarato di essere stata internata con la forza per due volte nel 2018, dove nell’arco di cinque mesi è stata picchiata, ripetutamente esorcizzata e sottoposta a ogni tipo di vessazione a causa del suo orientamento sessuale. L’esorcista, conoscente della famiglia, l’avrebbe picchiata più volte «con un bastone mentre leggeva il Corano» per espellere gli spiriti maligni.
La 22enne ha anche dichiarato di essere stata legata e imbavagliata molte volte da suo padre, che le avrebbe forzatamente somministrato iniezioni di antipsicotici.
«Mi ha messo le manette ai polsi – così la donna – e mi ha legato le gambe con del nastro adesivo. Ne ha messo anche sulla mia bocca. Mi diceva che mi avrebbe trattato come un animale, come una pecora. Dopo l’iniezione di aminazina sono stata costretta a dormire in quel modo. Non ha nemmeno liberato le gambe e le mani».
Sul canale russo 360 il ministro ceceno della Stampa e dell’Informazione, Dzhamboulat Umarov, ha definito le affermazioni di Aminat Lorsanova «assurde», ribadendo, invece, che leggere il Corano è «terapeutico».
Se il Comitato investigativo russo dovesse respingere la denuncia come fasulla o trasferirla al Comitato investigativo ceceno, che farebbe con ogni sicurezza cadere nel vuoto l’esposto, Russian Lgbt Network farà allora appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo.