Divieto d’ingresso negli Stati Uniti per Paul Makonda, governatore commisariale della regione tanzaniana di Dar es Salaam (il cui omonimo capoluogo è coi suoi oltre 4.000.000 di abitanti la città più popolosa nonché capitale economica dell’importante Stato dell’Africa Orientale), e i suoi familiari.
A comunicarlo, il 31 gennaio, il Dipartimento di Stato che ha motivato la disposizione «per il suo coinvolgimento in gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la flagrante negazione del diritto alla vita, alla libertà o alla sicurezza delle persone». È stato inoltre rilevato come Makonda “sia anche implicato nell’oppressione dell’opposizione politica, nelle repressioni della libertà di espressione e di associazione e nel colpire gli individui emarginati”.
Senza indicare quale azione specifica del governatore sia alla base della misura, il Dipartimento di Stato ha espresso “profonda preoccupazione per il deterioramento del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto in Tanzania“.
Il 29 ottobre 2018 Makonda aveva invitato i cittadini a denunciare le persone omosessuali, promettendo arresti sin dalla settimana successiva, e annunciato la costituzione di un comitato speciale «per mettere le mani su di loro». Le sue dichiarazioni avevano subito suscitato sconcerto nella comunità internazionale con una dura condanna da parte dell’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, Michelle Bachelet, e del Parlamento europeo.
Fervente cristiano evangelicale nonché componente del partito di governo Chama Cha Mapinduzi (Ccm), Makonda è profondamente legato al presidente John Magufuli, le cui violente posizioni omofobe sono ben conosciute.
In Tanzania l’omosessualità è un crimine punibile con un minimo di 30 anni di reclusione fino all’ergastolo. Ma un’autentica caccia alle streghe nei riguardi delle persone omosessuali è scoppiata nel Paese solo all’indomani dell’elezione del presidente Magufuli nel mese di ottobre 2015.
Nel febbraio 2017 il governo aveva ordinato la chiusura di centri sanitari specializzati nella lotta contro l’Aids con l’accusa di promuovere l’omosessualità. Nel medesimo mese era stata poi annunciata l’imminente pubblicazione di «una lista di persone gay che si prostituiscono su internet». Decisione subito revocata, ufficialmente per motivi tecnici, ma in realtà per poter raccogliere in segretezza ulteriori prove a carico degli escort omosessuali.
Nel giugno 2017 il capo di Stato aveva dichiarato che «persino le mucche» condannano le pratiche omosessuali. Pochi giorni dopo il governo aveva minacciato di arresto tutti gli attivisti per i diritti delle persone Lgbti e promesso di espellere gli stranieri che avrebbero combattuto in loro difesa. Minaccia, questa, concretatasi nell’ottobre 2017 con l’espulsione di tre sudafricani accusati di promuovere in Tanzania il matrimonio egualitario.